La prima messa di fra Andrea, sacerdote a 38 anni: la vocazione in oratorio e «la mia vita da francescano»
Una vocazione nata frequentando la parrocchia, i voti perpetui nel 2017, la scelta di vivere nella comunità francescana
Domenica, alle 10.30 nella chiesa di San Pietro, a Sclavons, il cordenonese fra Andrea Maset, 38 anni, presiederà la sua prima messa da sacerdote, dopo che sabato, a Chiampo, in provincia di Vicenza, avrà ricevuto l’ordinazione presbiteriale, uno dei sette sacramenti della Chiesa cattolica che lo consacrerà prete, consentendogli di predicare la Parola, confessare, amministrare i sacramenti e l’eucarestia.
A Sclavons, nella parrocchia che sino al 2016 è stata condotta dai frati minori e che oggi fa capo alla diocesi, un giovanissimo Andrea ebbe per la prima volta l’intuizione che una vita votata all’insegnamento di Gesù Cristo poteva essere davvero la vita alla quale era chiamato. San Pietro è la parrocchia che l’ha visto crescere e dove i suoi genitori, Mario e Maria Josè Maset, sono da sempre dei parrocchiani molto attivi e sono molto conosciuti.
Come ricordi gli anni della tua gioventù nell’oratorio dei frati?
«Era l’epoca di padre Gianbattista Grassato, parroco, e di fra’ Daniele Caon in oratorio. Noi eravamo un gruppo variegato di amici che aveva trovato nell’oratorio uno spazio di espressione bello e nel quale ci venivano date fiducia e responsabilità. A quel modello di accoglienza dei giovani faccio riferimento anche oggi che sono uno dei sette frati che vivono nel convento di San Pancrazio, nelle colline tra Padova e Vicenza, e uno dei due responsabili della Pastorale giovanile del luogo».
La vocazione è nata in parrocchia?
«Meglio sarebbe dire che a Sclavons è nata l’intuizione. Nella preghiera e nei percorsi successivi è poi arrivata la consapevolezza della vocazione alla vita francescana. Ho preso i voti perpetui nel 2017. In quei primi anni a Cordenons e a Fanna ho sentito che la vita comunitaria dei francescani era ciò che risuonava nelle mie corde».
Prima la scelta della vita francescana e ora quella del sacerdozio.
«Dopo la laurea come educatore conseguita all’università di Padova, nel 2010 sono entrato in convento, Tra il 2013 e il 2018 ho studiato anche teologia. Nel frattempo svolgevo il servizio alla mensa dei poveri e in carcere, quindi mi hanno affidato i giovani. A un certo punto, ho intuito che diventare anche sacerdote faceva parte della Sua chiamata».
Qual è stato il ruolo della tua famiglia?
«Nei miei genitori ho trovato un grande appoggio, mi hanno sempre suggerito di ascoltarmi, di non affrettare le scelte. Non si sono mai opposti, né hanno spinto ad una qualche scelta: hanno lasciato operare in me il volere del Signore».
Da anni vivi accanto ai giovani. Cos’è che non trovano nel mondo?
«Rispetto a un tempo, i giovani fanno più fatica ad avvicinarsi al Vangelo, perché la Chiesa viene vista con sospetto. Quando però superano questa fatica e fanno esperienza diretta, scoprono nel Signore una persona che li accetta e li ama per come sono, che non chiede loro di essere perfetti come il mondo li pretende e che riempie la sete di vita profonda che ci abita. È il punto di partenza di un cammino, l’esperienza di poter essere sé stessi, di essere accolti e di accogliere gli altri nella libertà».