Morì a sei anni in minimoto a Viadana, il giudice: «Sicurezza insufficiente»
Il deposito della sentenza di primo grado del tribunale di Mantova riporta d’attualità la tragica vicenda del bimbo deceduto sette anni fa dopo un incidente con la minimoto al Racing Park di Viadana. Marco Scaravelli aveva solo sei anni: a conclusione della prima lezione del corso di minimoto doveva parcheggiare il mezzo in un gazebo distante una trentina di metri. Un breve percorso da eseguire a piedi, ma il padre avviò invece il motore con il piccolo in sella. «Il veicolo partiva a tutta velocità senza che Marco riuscisse nel breve tragitto ad arrestarne la corsa» così scrive il giudice estensore, Enzo Rosina.
Fatale l’impatto contro la cancellata di un edificio posto una settantina di metri fuori dalla pista. Il bimbo non sopravvisse alle gravi lesioni spegnendosi sei giorni dopo all’ospedale di Brescia. Il padre, ritenuto penalmente responsabile, venne condannato a quattro mesi di reclusione, ma con i benefici di legge della sospensione e non menzione.
Nella sua lunga e dettagliata ricostruzione dei fatti il giudice Rosina non lesina tuttavia strali nei confronti degli organizzatori: «Numerosi sono i rilievi che possono essere mossi alla organizzazione del corso» tra cui «il luogo di svolgimento dei corsi non era stato reso idoneo, posto che nonostante l’area dovesse essere completamente interdetta, vi era la presenza di autovetture in sosta vicinissime al tracciato che i bambini dovevano compiere e l’assenza altresì di qualsiasi protezione posta in corrispondenza del muretto di cinta, del cancello scorrevole e del traliccio dell’alta tensione».
E la chiusa finale è ancora più esplicita: «Le caratteristiche tecniche conducono all’univoca e incontestabile conclusione che la minimoto non è una moto per bambini, ma solo per usare un bisticcio di parole una moto mini».
Sorge spontanea la domanda: ma allora, se c’erano questa carenze, perché la condanna del padre in gennaio al termine del processo, aggiungendo ulteriore dolore a un genitore già provato per la perdita di un figlio? «A Cristian Scaravelli va ascritto l’elemento colposo della negligenza e/o imprudenza per non essersi adeguatamente informato circa le caratteristiche del veicolo che il figlio avrebbe guidato in occasione della scuola per minimoto che si apprestava a frequentare – è la spiegazione giuridica – ulteriore elemento di colpa è consistito nell’aver acceso la minimoto perché il figlio la conducesse in autonomia sino al gazebo che era stato posizionato a una trentina di metri dalla fine del percorso in pista».
Il difensore Paolo Bergamaschi è intenzionato a proporre appello: alla Corte di Brescia il nuovo giudizio.