Tra i coniugi dell’omicidio di Villa Saviola ora partono accuse incrociate

VILLA SAVIOLA. «Volevo chiamare l’ambulanza e i carabinieri, ma lui non ha voluto». Colpo di scena, la mattina del 7 dicembre, in Corte d’Assise durante il processo che vede imputati due coniugi di origine indiana, accusati di aver assassinato, con sedici sprangate sulla testa un connazionale, vicino di casa a Villa Saviola e presunto amante di lei.

Narinder Kaur, di 32 anni, accusa il marito Sarwjeet Singh, di 45, di essersi rifiutato di chiamare i soccorsi dopo aver lasciato il connazionale in un bagno di sangue e, anzi, di averle chiesto di prendersi la colpa dell’omicidio. «Penso io ai bambini - le avrebbe detto - e poi ti trovo un bravo avvocato che ti tira fuori di prigione». La donna lo accusa anche di aver portato con sé, sotto il giaccone, il tondino di metallo servito per uccidere il 43enne Rajiv Kumar.

«Io non ne sapevo nulla» ha dichiarato rispondendo al pubblico ministero Silvia Bertuzzi, dal carcere di Opera a Milano, e ribaltando la versione del marito che, nella scorsa udienza, aveva detto che a uccidere era stata lei. A sua volta, lei lo ha indicato come il principale colpevole del delitto. «Quella domenica (era il 12 aprile di quest’anno, Pasqua, ndr) - ha raccontato la donna - siamo andati a casa da Kumar per convincerlo a cancellare dal suo computer le mie foto e i video realizzati mentre facevo sesso con mio marito». Un video realizzato, a quanto pare, con telecamere nascoste nella stanza da letto dei coniugi.

Arrivati a casa della vittima, i due avrebbero suonato per entrare. L’uomo li avrebbe invitati a rimanere a pranzo ma loro avrebbero chiarito di essere lì per le foto e il video. A quel punto i due uomini avrebbero cominciato a litigare finendo in un'altra stanza. La donna dice di non aver visto quello che è successo ma d’averli visti poi a terra. Secondo il marito, invece, sarebbe stata lei a colpire la vittima.