Ucciso a 17 anni a Trieste, lo sgomento dei residenti del rione: «Fatto orribile»
Parla il parroco della chiesa di via Sant’Anastasio: «Una zona che da anni convive con il disagio»
TRIESTE. Sgomento, sorpresa, incredulità. Per i residenti della zona di via Rittmeyer, strada sulla quale si affaccia lo stabile nel cui sottoscala è stato trovato il corpo del 17enne di origini serbe strangolato con un laccio, quella di ieri è stata una mattinata che non dimenticheranno mai. La notizia dell’accaduto si è diffusa subito fra coloro che abitano nei paraggi, perché in via Rittmeyer vivono numerose famiglie che, almeno di vista, si conoscono da anni. Nessuno però aveva mai notato qualcosa di strano. «Ho visto alcuni ragazzi uscire dallo stabile nel pomeriggio di sabato – dice un’inquilina del numero 13 – ma, a parte il fatto che li sentivo parlare in una lingua che non conosco, sembravano tranquilli».
Un altro residente dello stabile parla di «un discreto viavai di giovani nell’edificio, ma niente che potesse far pensare a qualcosa di particolare. Alcuni degli appartamenti sono adibiti ad attività di ‘Bed and breakfast’ – aggiunge – perciò un po’ di movimento è inevitabile». Un’altra persona precisa che «l’accesso allo stabile è sempre stato facilitato dal fatto che il portone è quasi sempre aperto». In strada, nell’arco della mattinata, si sono formati alcuni capannelli, soprattutto vicino ai contenitori per le immondizie, sistemati proprio di fronte al portone del numero 13 e sigillati dalle forze dell’ordine.
Nella vicina chiesa dedicata all’Immacolato cuore di Maria, situata all’incrocio fra le vie sant’Anastasio e Manna, la notizia è arrivata subito dopo la conclusione della messa di metà mattina, celebrata dal parroco, padre Renato Caprioli, appartenente all’istituto religioso maschile di diritto pontificio dei missionari clarettiani.
«Sono parroco in questa chiesa dal lontano 2003 – sottolinea - perciò conosco molto bene la zona e sono molto addolorato e colpito da questo fatto. Situazioni di disagio ne registriamo da anni – prosegue – perché qui siamo vicini alla stazione dei treni, al silos, a piazza Libertà, tutti punti nei quali il flusso di migranti, di persone che attraversano momenti di difficoltà sono all’ordine del giorno. Ma un delitto con queste caratteristiche lascia attoniti».
Anche padre Renato, di origini laziali ma molto legato a Trieste perché fu consacrato sacerdote proprio nella chiesa di cui oggi è parroco dall’allora Vescovo, Antonio Santin, come molti altri sacerdoti della città vede ridursi sempre di più i giovani che si avvicinano alla fede: «Purtroppo – riconosce – la chiesa è frequentata prevalentemente da persone mature e anziani. Abbiamo qualche giovane, ma sono situazioni rare. Il problema principale dei giovani d’oggi, ma anche dell’intera società, a mio modo di vedere le cose – continua il parroco – è che manca completamente la comunicazione fra le persone.
Paradossalmente – osserva – l’avvento dei telefonini, dei social, della tecnologia che permette di scambiarsi informazioni di qualsiasi tipo sta allontanando le persone invece di avvicinarle. I giovani in particolare – conclude – sono condizionati e il dialogo interpersonale è ogni giorno più difficile. Noi cerchiamo di svolgere al meglio il nostro compito – conclude – ma di certo notizie come questa sono terribili». —