«Mia figlia non aveva un altro uomo»: a processo per falso
Una storia intricata che parte da una relazione finita, un divorzio, tanto rancore e dei successivi procedimenti anche penali. Due ex coniugi cinquantenni o poco più: un imprenditore facoltoso lui, casalinga lei
MANTOVA. Una storia intricata, che parte da una relazione finita, un divorzio, tanto rancore e dei successivi processi, anche penali. Non faremo nomi perché si tratta di una vicenda prima familiare che giudiziaria. Diciamo solo che la coppia in questione è formata da due ex coniugi cinquantenni o poco più. Un imprenditore facoltoso lui, casalinga lei.
Dopo anni di alti e bassi, i due imboccano la via della separazione. Ma, nonostante sia consensuale, non è serena, come quasi mai lo sono i matrimoni che finiscono. Lei, adducendo il fatto che l’attività di lui è cresciuta negli anni anche grazie alla sua dedizione alla casa e alla famiglia, alla fine della relazione chiede oltre tre milioni di euro, più un mantenimento di circa trentamila euro al mese per sé e le figlie. Ma lui rilancia. Non solo non ha intenzione di scucire una tale cifra, ma la porta in tribunale per infedeltà coniugale e chiede a lei un simbolico risarcimento di cinquemila euro. In tribunale, lui sfodera la carta dell’investigatore privato, munito di tutta una serie di prove, foto di lei che si bacia focosamente con un altro, video della loro uscita da un hotel e così via. Tutti negano tutto, l’amante di allora - parliamo di oltre dieci anni fa, ora è lo stabile compagno di lei - viene condannato per aver dichiarato il falso. E ora a processo c’è pure il padre di lei che, sentito in precedenza, pure lui aveva dichiarato di non essere mai stato a conoscenza del fatto che la figlia frequentasse clandestinamente un altro, mentre era sposata.
Ieri mattina in aula, davanti al giudice Chiara Comunale, al pm Elena Pacchioni, all’avvocato del marito (in questo caso parte civile) Luca Faccin, è stato sentito proprio l’investigatore privato che ha raccontato dei suoi pedinamenti, delle foto, delle prove raccolte. E’ stato sciorinato il lungo percorso della causa civile, che si è già conclusa con il no del giudice alla richiesta della donna di avere tre milioni di risarcimento e trentamila euro di mantenimento (finiti a circa duemila euro al mese). E alla fine, mancando alcuni testi, il processo è stato rinviato a marzo.