Acqua, il grande spreco
Siamo il Paese d’Europa con il maggior numero di fiumi, ma da noi non esiste il riuso
L’Italia è il Paese che ha più acqua rispetto a tutti gli altri Paesi europei, sembra una notizia da settimana enigmistica ma è vera. Abbiamo un cumulato di pioggia annua media di 302 miliardi di metri cubi, superiore a quella dell’Inghilterra, della Francia e della Germania. Per citare qualche esempio la media annuale di piovosità a Milano 1.162 millimetri di pioggia, a Torino 914, a Roma 837, Parigi 720, Londra 690, segue Berlino con 669 e Palermo con 647.
La media degli ultimi 50 anni dice che siamo il Paese top in Europa per acqua e pioggia. Nessuno ha più corsi d’acqua di noi, 7.594; 324 laghi e oltre 1053 falde acquifere di acque dolci, più 19mila tra laghetti e invasi. E dire che i nostri fiumi sono molto più brevi di quelli europei: il Po, il più lungo, è circa 700 chilometri. In questo periodo quasi non si vedono perché sono prati e polvere. Se piove si riempiono altrimenti spariscono. Con tre giorni di nubifragi il Tevere diventa alto 13 metri e fa disastri. E siamo un pontile in mezzo al mare. Il Paese dell’acqua. Il problema nostro non è tanto la crisi idrica ma la drammatica carenza di infrastrutture che ci crea problemi, ci spiega Erasmo De Angelis, segretario generale dell’Autorità di bacino dell’Appennino centrale, un’enciclopedia del settore. Come si consuma l’acqua? L’agricoltura è la più «sprecona», consuma quasi il 51% dell’acqua. 13,6 miliardi di acqua ogni anno ai quali aggiungere lo 0,9% della zootecnia. Qui gli sprechi sono biblici. Vanno oltre il 50%. Non ci sono controlli, permane la cultura del pozzo, le tecnologie di irrigazione che disperdono anche l’acqua in aria. Con la cosiddetta agricoltura 4.0 si possono ridurre le perdite anche del 70%. Il 21% di prelievi del totale riguarda il settore industriale. 5,5 miliardi di metri cubi di acqua. Questo settore, unico caso in Europa, con l’acqua potabile lava, raffredda i macchinari, pulisce gli automezzi. Persino il lavaggio delle strade si fa con l’acqua potabile. Nel nostro Paese non esiste il riuso delle acque di depurazione. Solo a Prato c’è un’esperienza di questo tipo che depura le acque del tessile.
L’Europa dal giugno del prossimo anno sanzionerà per questo l’Italia che già oggi deve spiccare due assegni da 60 milioni ciascuno in due trance per l’assenza di depuratori. Non allunghiamo, a differenza di altri in Europa, la vita dell’acqua. Buttiamo a mare ogni anno 9 miliardi di metri cubi di acqua che con l’economia circolare potrebbero essere riutilizzati. Per uso domestico consumiamo il 20% del totale. 5,2 miliardi per 600mila chilometri di tubi che la trasportano. Qui si perde tra il 38 e il 40%. Immetti un litro di acqua nei tubi e perdi il 40% per rotture e per i tubi obsoleti che hanno più di 70 anni. Al Sud devi immettere due litri per averne meno di uno. Le perdite medie accettate in Europa sono tra l’8 e il 10%. Questo settore è l’unico controllato da una autorità nazionale pubblica, Arera. Sappiamo con precisione i dati delle perdite. Il settore avrebbe bisogno in 15 anni di almeno 60 miliardi di investimenti per rimettere in sesto le infrastrutture ma non avendo più investimenti pubblici perché lo stato dalla legge Galli di 30 anni fa ha abbandonato il settore dell’acqua e ha delegato tutto alla tariffa. Le proiezioni Arera dicono che di questo passo ci vorranno 250 per risolvere i problemi. E non stiamo certo migliorando. Le 526 grandi dighe che raccolgono solo l’11% delle piogge era oltre il 14% di 50 fa. Le dighe non vengono «sfangate», ripulite dai sedimenti e via via diminuisce lo spazio per l’acqua.
È necessario attuare il piano del consorzio di bonifica per realizzare almeno altri 2000 piccoli invasi. 800 sono già progettati e potrebbero andare a gara. Il punto vero è che l’Italia deve affrontare un futuro a 40 gradi. Questo 2022 potrebbe essere un’annata tra le più fresche rispetto a quello che ci aspetta. Vent’anni fa le analisi dei climatologi dicevano esattamente quanto sta capitando, che l’anticiclone delle Azzorre si sarebbe indebolito sempre di più. Il Pnrr, dedica tra l’1 e il 2% di investimenti all’acqua. È necessario rimodulare il piano e lavorare con la Protezione civile che può farlo in emergenza. Il campanello è suonato anche per il Nord.