Aggressione nel giardino della villa ad Aurisina: spunta la pista della banda dei Rolex
Gli inquirenti ritengono che il rapinatore avesse un complice nascosto in auto. Casi simili nei mesi scorsi
TRIESTE Voleva il Rolex. Proprio “quel” Rolex, che il triestino Simone Rossi, gestore del bar “Walter” di via San Nicolò, portava al polso. E così il rapinatore giovedì scorso ha agito di sera, entrando nel giardino della villa di famiglia ad Aurisina Cave. Una casa isolata, priva di illuminazione esterna attorno. Con molta probabilità non era solo: c’era un complice ad attenderlo in auto pronto per la fuga. Gli investigatori hanno buoni elementi in mano per ritenerlo.
Come in due erano anche la volta precedente, il 28 giugno, nel primo tentativo di rapina. Ma in quella occasione Rossi era riuscito a difendersi e a far scappare il ladro, mascherato con un passamontagna e con un chiaro «accento dell’Est». Il quarantacinquenne aveva reagito, nonostante la pistola puntata addosso (solo poi si era scoperto che si trattava di una scacciacani). Dalla colluttazione era anche partito un colpo.
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Giovedì sera, invece, Rossi è stato colto di sorpresa mentre stava uscendo dall’auto. L’uomo, anche questa volta mascherato e con in mano la scacciacani, lo ha colpito alla testa (si presume con il calcio della pistola) e ha continuato a infierire con altri colpi, spaccandogli il naso, varie ossa craniche e un braccio.
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La Procura ha aperto un fascicolo di indagine per rapina e lesioni. L’inchiesta, affidata ai Carabinieri, è diretta dal pm Maddalena Chergia. «Stiamo lavorando per accertare ogni elemento della vicenda, senza trascurare nulla», assicura il procuratore Antonio De Nicolo. Gli inquirenti non hanno ancora molti elementi in mano anche perché il quarantacinquenne triestino, ricoverato in ospedale, deve ancora essere sentito.
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Ma la pista investigativa punta dritto sui criminali specializzati nel furto di Rolex. Un fenomeno nazionale (e non solo) che sta facendo molte vittime in Italia. Sono bande organizzate di diversa nazionalità che talvolta preparano gli assalti con tecniche da commando: individuano le prede utilizzando un sistema di “avvistatori”, le pedinano e poi le aggrediscono, riuscendo a strappare l’orologio dal polso nel giro di pochi secondi. Rapine violente, dunque, come nel caso di Rossi. Talvolta invece il modus operandi è diverso, come si è visto con un altro furto avvenuto a giugno (proprio nei giorni del primo colpo tentato nella villa di Rossi): era successo in via San Nicolò, dove una donna avvenente era riuscita a sfilare un Rolex dal polso del titolare di “Nara Camicie”.
Il negozio, peraltro, si trova proprio accanto al bar “Walter” gestito da Rossi. Una coincidenza? Il quarantacinquenne forse è stato preso di mira proprio in quel periodo. E i rapinatori, dopo quel primo tentativo del 28 giugno, sapendo di andare sul sicuro, giovedì sera hanno ripetuto il colpo. Conoscevano il modello di Rolex che Rossi portava al polso e quello volevano. Forse sanno già come piazzarlo sul mercato nero.
Altre rapine, avvenute a Trieste nell’ultimo anno, hanno una matrice violenta: oltre alle due aggressioni a Rossi, è il caso di un analogo episodio avvenuto ancora ad Aurisina e dell’assalto a dicembre in Costiera ai danni dell’imprenditore triestino Fabio Baldè. E, ancora, l’agguato di inizio marzo alla coppia di triestini sorpresi di sera in via Monte Cengio. I malviventi anche in quell’occasione impugnavano un pistola a salve ed erano riusciti a rubare un orologio costoso. I Rolex – ma anche altri modelli di valore – poi finiscono sul mercato nero, soprattutto all’estero.
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