Il conto salato del grande black out a Monfalcone, alimenti e farmaci nella spazzatura
Colpite diecimila utenze Enel. Batosta al commercio e anziani rimasti bloccati da soli in ascensore
MONFALCONE. Se un incidente di percorso, come il grande black out che ha mandato gambe all’aria Monfalcone in un ordinario martedì di luglio, si può considerare un indicatore della capacità di reazione, umana e di sistema, all’improvvisa privazione energetica allora il test generale ha evidenziato che sì, Houston abbiamo un problema. Soprattutto: ampissima fetta della popolazione ha subìto una sequela infinita di disagi. Dal momento che la débâcle delle quattro linee interrate di media tensione, a servizio di 52 cabine chiamate ad alimentare utenze domestiche, uffici e attività ha finito con l’infliggere il ko tecnico a 10 mila delle 18 mila utenze complessive.
Si fa presto a dire utenze, ma dietro gli anonimi interruttori ci sono volti e nomi. Anche popolari, come quello di Gina Fava, classe 1937, mamma dell’assessore al Marketing Luca Fasan ed ex titolare della storica boutique di piazza Unità, che ha vestito di chiffon generazioni di monfalconesi nelle ricorrenze speciali. La conosciutissima cittadina, infatti, è una delle tante persone rimaste bloccate negli ascensori del centro durante una delle reiterate interruzioni di corrente. Sempre elegante, ma donna tutta d’un pezzo, nonostante l’età non più verdissima – 85 anni – e qualche acciacco di salute che la vede costretta al deambulatore, Gina non si è persa d’animo e pur essendo rimasta bloccata, al buio, con temperature torride, tra il primo e il secondo piano del suo palazzo, ha avuto la prontezza di non mollare la stampella e trovare a tentoni il telefonino a conchiglia, con il quale è riuscita a chiamare il figlio e avvisarlo del guaio.
«Luca, sono bloccata! », gli ha detto. Fasan era stato spedito a Marina Julia per un sopralluogo e si è precipitato dalla mamma, avvertendo al volo l’assistenza. Che nel giro di un’oretta è arrivata in via don Fanin e ha sbloccato l’ascensore. Provvidenziale il sostegno del vicinato: alcune conoscenti e amiche della donna, tra cui Rita Iuretta, moglie del presidente della Pro Loco, sono rimaste vicino alle porte d’acciaio a parlarle, così che le difficili condizioni – l’oscurità, la morsa del caldo – non portassero uno scoramento generale.
«Anche perché la mamma – ha poi spiegato Fasan – alle 9.38, orario del black out, aveva solo la stampella con sé ed era priva del deambulatore, che le avrebbe perlomeno consentito di restare seduta, anziché in piedi, nell’attesa». Ma la disavventura ha avuto un lieto fine. E lo stesso vale pure per un’altra anziana, l’89enne Anna Maria Bauco, mamma di un’altra personalità cittadina: Giambattista Graziani, presidente di Irisacqua. La donna, alle 8.30, era scesa a fare quattro passi. Afflitta da broncopatia e pertanto bisognosa di ricorrere all’ossigeno era tuttavia scesa senza l’ausilio medicale, trattandosi appunto di una breve camminata, ma al momento di risalire, ormai, l’ascensore era fuori gioco.
«Abbiamo provveduto a procurare l’ossigeno per l’assistenza immediata – spiega Graziani –, ma il problema restava quello dei sei piani da compiere per riportarla a casa e qui devo ringraziare alcuni residenti del condominio, perché due uomini se la sono caricata su e a piedi l’anno portata fino all’alloggio». Eroici, con i 33° fissi.
E queste sono le storie dei singoli. Ci sono state, poi, le odissee dei commercianti e degli esercenti in particolare. Alla Gelateria 2000 di via Boito, non solo i due titolari si sono visti costretti a gettar alle ortiche 50 chili di gelato pronto, 15 di semifreddi, 8 di cassate, più snack e piatti freddi, ma ieri, per riempire da capo le vaschette, hanno dovuto recarsi al lavoro alle 6 e tenere l’esercizio chiuso al mattino. «Non c’era niente da vendere», spiega la collaboratrice Alessandra Valenti, che quantifica in oltre 3 mila euro il danno. Problema analogo al Goppion di via Duca d’Aosta, come riferisce Catia Marinotto, «abbiamo dovuto buttare i 36 chili di gelato conservati in 12 vaschette esposte al pubblico, più altri 10 contenitori, sempre da 3 chilogrammi l’uno, riposti nei congelatori». In spazzatura anche un discreto quantitativo di brioches riposte nei frigoriferi. Senza scordare i pranzi saltati. «Il locale serve dopo mezzogiorno molte persone che lavorano negli uffici e che martedì, per via del blackout, sono state mandate a casa e quindi non hanno avuto bisogno del nostro servizio», sempre la dipendente del Goppion.
Al Redentore – lo racconta il farmacista Andrea Ternoviz – i generatori hanno alimentato, fino al termine della loro capacità, le celle di refrigerazione per la conservazione di taluni medicinali, ma l’interruzione si è protratta così a lungo che alla fine purtroppo non sono riusciti più a mantenere la temperatura ideale tra i 2 e gli 8°. Così il titolare ora dovrà eliminare i farmaci invendibili, tra cui insuline, per un totale di 59 pezzi, che avrebbero fruttato 1.900 euro circa. Altro danno da risarcire. Problemi di deperibilità alimentare anche alla Grande Mela, in via 9 Giugno. «Oltre al fatto che non abbiamo potuto lavorare, per via delle bilance elettriche fuori uso e delle casse ferme – riferisce Laura Nicoli – siamo stati costretti a buttar via molti prodotti nelle celle, latticini e salumi del frigo, e altra frutta e verdura che, esposta in un ambiente climatizzato, restando invece tante ore al caldo si è deteriorata». E la conta dei danni, di cui l’amministrazione comunale si sta facendo collettrice, è destinata a salire. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA