Il tunnel dell’anoressia, i due ricoveri e la rinascita di Arianna: «Sempre troppo grassa, non mi sentivo accettata»
UDINE. L’idea di una bellezza falsata e inesistente, la continua paura di ingrassare, il senso di inadeguatezza e la sofferenza interiore, profonda, provocata dal non sentirsi accettata. Un’ossessiva ricerca della perfezione, non soltanto corporea ma anche interiore, un obbiettivo da raggiungere per diventare meritevoli di essere amati.
Arianna, studentessa udinese di 23 anni, da quindici sta combattendo contro un nemico invisibile, che le ha tolto tanto. Ora vede la luce in fondo al tunnel, ma il percorso non è ancora concluso.
Un viaggio verso la guarigione, che la ventitreenne udinese ha scelto di condividere consapevolmente per poter essere d’aiuto ad altre ragazze. «Tutto è iniziato quando avevo soltanto otto anni – racconta Arianna, che ha trovato dentro se stessa la forza di chiedere aiuto –. Mi è stata diagnosticata una pubertà precoce e le cure mi hanno fatta aumentare di peso. A scuola, alle medie, mi prendevano spesso in giro, sono stata vittima di bullismo. I miei genitori, proprio nello stesso periodo, si sono separati e per me è stata una sofferenza nella sofferenza. Continuavo a sentirmi non accettata dalla società, dalla mia famiglia e anche dai miei compagni. Fingevo che tutto andasse bene e invece sentivo dentro un forte malessere interiore derivante dalla convinzione di non sentirmi amata dagli altri. Mi sono ammalata di anoressia e bulimia. Mangiavo tanto e poi rimettevo il cibo. Succedeva tutte le volte. Così facendo avevo l’impressione, sbagliata, di riuscire a controllare me stessa e ciò che mi stava attorno. Mi sentivo succube di tutti, perfino della terapia ormonale che in quel periodo mi veniva somministrata».
Arianna, in poco tempo, ha perso trenta chilogrammi. «Mi vedevo sempre troppo grassa. Non dimagrivo mai abbastanza. Mia madre ha scoperto la malattia in terza superiore. Non c’erano tutte le informazioni che abbiamo adesso. Mi vedeva dimagrire ma non ha pensato subito che potesse trattarsi di anoressia. Tre anni fa sono stata ricoverata per la prima volta all’ospedale. Assumevo circa 300 calorie al giorno, che tentavo di smaltire camminando ossessivamente, facendo attività fisica e vomitando. A scuola nessuno si è mai accorto di nulla. Assumevo solo integratori liquidi. Volevo essere più magra possibile per occupare meno spazio nel mondo. Era questo il mio pensiero principale. Svenivo di continuo, ero debole e mi facevo anche dei tagli sulle braccia e sulle gambe nel tentativo di farmi del male».
Arianna ha trovato in se stessa il coraggio e la forza di chiedere aiuto, d’iniziare un percorso per lei all’inizio estremamente difficile. «Mi sono affidata a uno psicologo, una nutrizionista e a uno psichiatra. Dopo il secondo ricovero la situazione è migliorata. Adesso mi sento bene, anche se le difficoltà non sono scomparse del tutto. Ora mi nutro e ho ritrovato un po’ di equilibrio ma continuo ad essere seguita ogni settimana dagli specialisti».
La scrittura, per la giovane udinese, è stata un’ancora di salvezza. «Ho riscoperto i colori della vita ormai da anni assopiti in un nero triste e spaventoso. Il mio libro “A testa in giù” vuole essere una denuncia nei confronti del destino, un compagno per non sentirsi soli nella propria sofferenza. Devo dire grazie alla comunità in cui sono entrata e anche a mia madre e a mia nonna, che mi sono sempre state vicine. Molti amici, tranne due persone, si sono allontanati nel momento del bisogno. Da soli non si riesce a uscire dall’anoressia e dalla bulimia. Ci vuole un sostegno affettivo e psicologico e anche un aiuto medico. Ci sono tantissime donne, non solo adolescenti, che soffrono di anoressia e bulimia. Con la mia esperienza vorrei essere la testimonianza che guarire è possibile ma è un cammino lungo, non senza ricadute. L’importante è non mollare mai».