L’inferno del Carso che brucia: qui si combatte la guerra contro il tempo per spegnere le fiamme
L’area in fiamme è compresa tra Medeazza (nel comune di Duino Aurisina) e poi, nell’Isontino, lungo il Vallone, le frazioni di Doberdò del lago, Jamiano, Sablici, Bonetti, Devetachi. Un asse del fuoco che non dà tregua, e che poi avanza e si mangia pure ampie fette di bosco a Savogna, a Rupa, in Slovenia
TRIESTE. In Carso è l’inferno. Di fiamme, fumo, odore acre che prende testa e stomaco, cenere che ti piove addosso dall’alto e ti si appoggia delicata su vestiti e capelli come migliaia di fiocchi di neve. E invece no: è il segno, tangibile, dei roghi che stanno divorando le alture tra Trieste e Gorizia.
«È una guerra», dicono, sfiniti e nervosi, gli uomini della macchina del soccorso; facce, tute e mani nere che ogni tanto afferrano un panino tra un intervento e l’altro. «Beffardo – dicono – che capiti proprio nei luoghi della Prima guerra mondiale». E a ricordarlo ci sono le esplosioni, tante: solo a Jamiano, mercoledì, una decina, tre quasi una dietro l’altra; ordigni bellici che col caldo infernale esplodono in boati che ricordano che qui, in qualche modo, si combatte ancora.
Si combatte con la frustrazione per un fuoco che, complice il vento, si muove troppo veloce e continuamente, avanza e indietreggia. I focolai? Inutile contarli: se ne spegne uno e se ne accende un altro.
L’area caldissima della crisi è quella compresa tra Medeazza (nel comune di Duino Aurisina) e poi, nell’Isontino, lungo il Vallone, le frazioni di Doberdò del lago, Jamiano, Sablici, Bonetti, Devetachi. Un asse del fuoco che non dà tregua, e che poi avanza e si mangia pure ampie fette di bosco a Savogna, a Rupa, e in Slovenia, dove gli abitanti di cinque villaggi sono stati evacuati e alcune case interessate dalle fiamme, mentre nel primissimo pomeriggio arriva la notizia di un nuovo fronte in Friuli, a Resia, che significa togliere un po’ di braccia e mezzi dal Carso per fronteggiare il fuoco anche lì. Interi pezzi di verde sono bruciati, neri.
Dalla statale 55 (chiusa quasi completamente fino a Gorizia) si intravedono fiamme ad accendere la boscaglia qua e là. Sopra le teste volano i due Canadair e i tre elicotteri della Protezione civile, uno dell’Esercito e quello dei Vigili del fuoco.
PER APPROFONDIRE
- Le indicazioni. Autostrada chiusa e viabilità modificata: le uscite in A4
- L'ordinanza in 5 Comuni: «Mascherine FFp2 e finestre chiuse»
- Il video. Riccardi: "Mai visto un incendio di queste proporzioni"
- Il monitoraggio. A Monfalcone alti livelli di Pm10 e benzene
«Dove vanno le fiamme? Dove le sposta il vento», rispondono i soccorritori alzando le braccia. Una macchina imponente che, tra Protezione civile, Vigili del fuoco, forze militari e di polizia, Corpo forestale e i tanti altri soggetti coinvolti, per il vicegovernatore e assessore alla Protezione civile Riccardo Riccardi, mercoledì sui luoghi più colpiti per monitorare la situazione e ringraziare chi è in prima linea, conta circa 500 persone. «Un incendio di queste proporzioni qui non si era mai visto – dichiara Riccardi –. Sono in contatto con il capo del Dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio e stiamo cercando di attivare anche dei Canadair dell’Ue con base in Croazia».
In mattinata la situazione più critica nelle frazioni di Doberdò, Sablici e Jamiano, con le fiamme che lambiscono le case e le famiglie evacuate. In serata le persone sono 250. Alcune di loro – una trentina secondo Riccardi – sono state accolte al centro visite Gradina e in albergo, altre alloggiano da amici e parenti. Alcuni scappano di corsa, altri vorrebbero restare, ma devono andarsene per forza, e si portano dietro vestiti, cani, gatti. «Per mettere al sicuro dei cavalli è stato chiamato un camion», spiega Ivan Chiusso, della Protezione civile regionale, assieme al collega Alessio Zanier.
Tutto brucia. Alcune linee elettriche vengono disattivate per consentire ai mezzi aerei di operare. Le dense nubi di fumo nero impongono mascherine Ffp2 a Monfalcone, Staranzano, Ronchi, Sagrado, Duino Aurisina: si immagini cosa entra in naso e polmoni lassù, nel cuore del Carso ferito.
«Si respinge il fuoco da terra, ma soprattutto dal cielo, perché molte zone sono impraticabili, troppo pericoloso per lo scoppio delle bombe della Grande guerra», spiega Roberto Chiaulon, responsabile dei volontari della Protezione civile regionale, con parole rilanciate dal collega Walter Stabile, responsabile Comunicazione, che spiega che «gli occhi adesso sono puntati su Medeazza e sul Monte Ermada, perché lì c’è il ponte radio della Protezione civile, e pure un punto nevralgico dell’acquedotto che porta l’acqua a Trieste.
La zona non deve essere messa a rischio, quindi la si sta bonificando, tagliando boscaglia per una trentina di metri per evitare che le fiamme intacchino le strutture di un punto davvero strategico».
Reti dell’elettricità, del gas, dell’acqua: la parola d’ordine è proteggerle, mentre rete ferroviaria e autostrada restano chiuse nel tratto del Lisert, entrambe almeno fino a stamattina. I mezzi aerei con il buio si fermano, ma le mani no, quelle restano operative 24 su 24, per un’altra notte al fronte