Sporcizia e disordine: chiuso dai Nas lo stabile di Aedis che ospita i minorenni
Provvedimento del Comune di Udine dopo il sopralluogo: «Gravi inosservanze». La onlus ricorre al Tar: «Misura sproporzionata, riparazioni a cadenza regolare»
Stanze maleodoranti, arredi in pessime condizioni e irregolarità negli impianti. Non solo: per i carabinieri del Nucleo antisofisticazione e sanità (Nas) la palazzina di viale XXIII Marzo a Udine che ospita una comunità di minori stranieri non accompagnati gestita dalla cooperativa Aedis onlus, al momento del sopralluogo dei militari ospitava 33 ragazzi, a fronte di una capienza massima di 24, fissata da una determina dirigenziale del Comune siglata nel 2020.
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Un overbooking legato però all’incendio del 31 dicembre a Pasian di Prato, che ha costretto la coop a spostare a Udine otto ragazzi accolti nella struttura andata a fuoco.
Ricevuto il verbale dei Nas, il dirigente dei Servizi sociali comunali, Enrica Di Benedetto, ha firmato un’ordinanza con cui si sospende l’autorizzazione all’accoglienza dei minori. Aedis, che già a fine novembre aveva dovuto difendersi da analoghe contestazioni per la struttura di Grions, annuncia battaglia: «Abbiamo già presentato ricorso al Tar per ottenere la sospensione del provvedimento», annuncia il presidente della onlus, Michele Lisco.
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I rilievi
Il sopralluogo del Nas risale alla mattinata di venerdì 27 gennaio. Nel verbale, firmato dai carabinieri il giorno dopo e depositato al Protocollo del Comune lunedì scorso, si parla di «pessime condizioni igienico-sanitarie, irregolarità nella manutenzione degli impianti, pessime condizioni degli arredi e carenti condizioni generali di pulizia e decoro». Inosservanze che il provvedimento del dirigente dei Servizi sociali del Comune definisce «gravi», intimando al legale rappresentante della coop di provvedere entro sei mesi all’eliminazione «di muffe, macchie nere, precarie condizioni di pulizia nei locali», ripristinando «le condizioni di sicurezza degli impianti» e sostituendo «armadi e altro mobilio in pessime condizioni d’uso».
Lo stato dei fatti
Ieri pomeriggio abbiamo visitato la palazzina di viale XXIII Marzo oggetto della misura. Una struttura che appare in condizioni più che accettabili, con gli spazi comuni e le stanze tenute in ordine e pulite, nei limiti del contesto.
Pareti scrostate e qualche traccia di annerimento dovuto all’umidità si trovano al primo piano, in corrispondenza di un tetto che necessita di un rifacimento già nell’ordine delle idee della cooperativa, e al piano terra, in direzione del bagno al livello superiore.
Nulla insomma che un’intonacatura e una mano di pittura non possano sanare: «Ridipingiamo le pareti a cadenza regolare, anche due volte al mese nella cucina e nella dispensa», specifica Francesco Bazzaro, responsabile della parte normativa della struttura gestita da Aedis. «Annotiamo ogni intervento, relativo a pulizie, manutenzioni e sicurezza. Ci sono stati mossi rilievi che fatichiamo a capire: in una stanza è rimasta una spalliera, retaggio della casa di riposo che occupava questi spazi.
Per i carabinieri quella stanza è dunque inadatta a ospitare posti letto. O gli impianti: si parla di cavi volanti, ma gli unici fili liberi sono quelli delle ciabatte che i ragazzi usano per ricaricare i loro cellulari».
Attualmente la struttura ospita 24 ragazzi: sono egiziani, pakistani, afghani, bengalesi, ivoriani e senegalesi, che sotto la supervisione degli operatori (una decina gli addetti impiegati) fanno a turno anche per rassettare e pulire gli spazi comuni. Gli arredi in rari casi sono malandati, qui e là manca qualche cassetto: «Diciamo che i ragazzi a volte hanno poca cura delle suppellettili – aggiunge Bazzaro –. Ma nei casi di rottura, provvediamo nell’arco di pochi giorni al ripristino».
Il ricorso al Tar
Il provvedimento avrebbe costretto Aedis a trasferire i ragazzi in un’altra struttura. La cooperativa ha però sospeso gli effetti dell’ordinanza, depositando ricorso al Tar: «Ci saremmo aspettati almeno una verifica da parte dei Servizi sociali», evidenzia Lisco.
«Avremmo dovuto farci carico di trovare altre strutture e pagare i costi dell’accoglienza in questi centri», aggiunge il presidente della onlus. «Quel che colpisce – conclude Bazzaro – è che nel verbale i Nas non paventano in alcun modo la chiusura, non ravvisandone evidentemente i motivi».