Lo psichiatra Crepet: «Sognare è un diritto di tutti, dobbiamo agire per cambiare le cose»
foto da Quotidiani locali
Va sul sicuro, Monfalcone Geografie, nell’aprire la sua nuova edizione: per l’inaugurazione ufficiale, mercoledì, alle 17.30, in piazza della Repubblica, ha infatti invitato lo psichiatra Paolo Crepet, che parlerà delle “Geografie dei sogni”. “Lezioni di sogni” (Mondadori, pagg. 300, euro 19,50) è il titolo del suo ultimo lavoro.
Crepet, nel suo libro, a quali sogni si riferisce?
Mi riferisco all’importanza di cambiare le cose, altrimenti rimangono sogni. Sognare è un diritto di tutti, un diritto a pensare che ci possa essere un mondo migliore: forse, vent’anni fa, a qualcuno poteva bastare quello che si viveva allora, ma credo che oggi non sia più così.
Cosa ha fatto cambiare idea?
Stiamo camminando sull’orlo di una guerra mondiale, ma il panorama è un disastro. Il mio non è pessimismo. Anzi, fino a quando pensiamo dimostriamo ottimismo. Ma non possiamo ignorare la situazione dei rapporti umani, del cambiamento climatico, del problema energetico, della nostra intelligenza messa in pericolo da quella artificiale. I cahiers de doléances sono lunghi, ma non dobbiamo fare come quelli che si lamentano sempre.
Che fare, quindi?
Dobbiamo agire. Non possiamo accettare lo stato attuale delle cose. Sarebbe questo il vero pessimismo. Ad ogni modo, si tratta di situazioni che non riguardano solo l’Italia, ma le culture occidentali in genere. Per esempio, c’è un’anticipazione della vita spaventosa: a 12 anni si fa quello che un tempo si faceva a 16-17.
Nel libro lei afferma che occorre “ricominciare dall’educare”. Nel concreto, che intende?
Un bambino che oggi frequenta la prima elementare si trova a fare la stessa scuola del suo bisnonno. L’unica differenza, al massimo, è il grembiule. In un secolo, non è cambiato nulla. Se continuassimo a costruire le case con le tecniche di cent’anni fa saremmo dei pazzi. Perché, allora, la scuola è sempre quella?
Quanto l’educazione spetta alla scuola e quanto alla famiglia?
In una società civile devono essere elementi che si compenetrano. La scuola deve fare ciò che non fa la famiglia e viceversa, fermo restando che entrambe devono rapportarsi con il cambiamento dei tempi. In altre parole, è necessario che abbiano capacità di adeguamento, ma, purtroppo, io non ne vedo.
Perché, secondo lei?
Perché, se la situazione è questa, un giudizio negativo nei confronti degli adulti è inevitabile. Comunque, le responsabilità non sono soltanto dei boomers, ma anche dei millennials, che, pian piano, cominciano a diventare genitori. I sensi di colpa generano immobilismo. Lo vediamo anche nella politica.
In che senso?
Sono contento delle giovani donne che prendono il potere. Mia mamma, dopo tutto, è stata una protofemminista. Eppure, se penso a Elly Schlein mi sarei aspettato, ad esempio, una presa di posizione chiara sulle tecnologie digitali e, in particolare, sull’intelligenza artificiale, che reputo un pericolo imminente.
Perché non ritiene che si sia pronunciata sul punto in modo chiaro?
Perché Elly Schlein è giovane solo anagraficamente. Ci sono ottantenni rivoluzionari e venticinquenni conservatori. Noi abbiamo bisogno di una rivoluzione: non sto certo parlando di barricate, di bombe, ma di visioni differenti.
D’accordo, ma per quale motivo non ritiene Elly Schlein giovane?
Perché non dice nulla di nuovo, mentre occorre prendere qualche rischio. Peraltro, pure la gran parte dei nuovi dirigenti del Pd è giovane solo sulla carta d’identità, ma nessuno di loro ha fatto affermazioni rivoluzionarie. D’Annunzio, nella Carta del Carnaro, aveva previsto il diritto di voto alle donne. Poi, si è dovuto attendere il dopoguerra per ottenerlo, ma quel merito gli va riconosciuto.
Giorgia Meloni, rispetto a Elly Schlein, è più giovane?
Se per giovane si intende chi vuole cambiare realmente il mondo, no, nemmeno lei ha detto qualcosa di nuovo.
Suo padre, nei suoi confronti, è stato avaro di complimenti.
Certo, e ha fatto bene. Un padre deve essere un buon coach e, tanto per fare un esempio, nemmeno Nereo Rocco era prodigo di complimenti. Dire a una giovane promessa del calcio che diventerà il nuovo Messi significa ucciderla.