Un boato, poi giù le ultime torri: ora la vecchia Ferriera di Servola non c’è più
Sono le 15.40 in punto quando l’assessore regionale all’Ambiente Fabio Scoccimarro preme il bottone che innesca le cariche di dinamite sistemate ai piedi dei vecchi recuperatori di calore per demolire ciò che rimane dell’area a caldo della Ferriera. Tre lunghi squilli, poi un boato, secco, senza eco. In pochi secondi vengono giù i tre scambiatori a caldo Cowpers, le ultime torri di Servola. Pochi secondi: quando la polvere sollevata dalla detonazione provocata da 110 chili di esplosivo si posa al suolo, si torna a vedere il cielo. Un azzurro diverso: nulla più ricorda un’attività siderurgica durata oltre un secolo. La Ferriera non c’è più: si pensa al futuro, alla riqualificazione ambientale e alla riconversione a funzioni portuali dell’ex area a caldo.
La demolizione iniziata nel 2020
La demolizione della fabbrica era cominciata nell’autunno 2020, a partire dalle strutture metalliche. Prima i due altiforni, quindi la cockeria, i gasometri e i nastri trasportatori: pezzo dopo pezzo, il gigante di fuoco e metallo stava scomparendo, portato via da demolitori e ruspe. Poi la prima esplosione: 300 chili di dinamite fecero saltare in aria la ciminiera della cokeria e gli ultimi quattro edifici ancora in piedi. Era la sera del 18 settembre 2022: spariva il luogo simbolo di battaglie sindacali, proteste contro l’inquinamento, contrattazioni tra istituzioni e privati, ma anche fonte di reddito per generazioni di operai, nel bene o nel male chiave dell’economia di Trieste. Un grande ricevimento, alla presenza delle autorità, poi lo spettacolo pirotecnico. Fu una festa: ma i fuochi d’artificio vennero duramente criticati, soprattutto da quei servolani che per anni avevano tossito all’ombra dell’altoforno e di quegli operai che ci avevano lavorato una vita intera.
Restavano solo i Cowper
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Spenta l’ultima miccia, rimanevano solo gli altissimi bomboloni Cowper, i recuperatori di calore che alimentavano la combustione dell’altoforno. E così ecco l’esplosione bis, ieri come lo scorso settembre attrezzata e controllata dalla Sid. Ma stavolta nessuna festa: un evento sobrio. Il pubblico, limitato a una delegazione internazionale degli Stati generali dello sviluppo sostenibile e alla stampa, si è avvicinato a Servola via mare, su un rimorchiatore Tripmare. Scoccimarro era a terra, vicino al sito, con quel bottone fra le dita. Nell’ex area a caldo verrà avviata una conversione green e realizzata una piattaforma logistica integrata, che prevede un nuovo snodo ferroviario, l’ampliamento della banchina portuale e centinaia di assunzioni.
Archiviato il passato
«Si archivia definitivamente un passato spesso troppo ingombrante», così il senatore M5s Stefano Patuanelli: «Grazie alla determinazione dei tanti triestini che hanno creato quel “clima ostile” all’inquinamento, è stato possibile, nel mio mandato al ministero dello Sviluppo economico, costruire un accordo di programma per la riconversione industriale salvaguardando l’occupazione». L’atto finale. Scoccimarro indossa un gilet giallo: «Non è il funerale di una vecchia fabbrica, ma un’araba fenice». Al suo fianco Roberto Dipiazza: «Vent’anni di battaglie insieme, oggi di nuovo insieme». Le 15.39, presto verrà giù tutto: rimarranno due Cowper, cimelio di archeologia industriale a ricordo degli “uomini di ferro” e delle mogli che li salutavano al mattino. Sono le 15.40. Tre squilli, il boato: le tre torri di Servola collassano. La Ferriera non c’è più