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Март
2023

Meloni lancia Fedriga e ricorda Zanussi: «Fatti, non parole»

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Meloni lancia Fedriga e ricorda Zanussi: «Fatti, non parole»

La premier parla del voto di domenica e lunedì, di economia, di immigrazione e dell’Europa: «Stiamo con gli industriali: l’immigrazione deve portarci personale qualificato»

Trattenuta a Roma, Giorgia Meloni non è riuscita ad arrivare in tempo utile a Udine per la chiusura della campagna del centrodestra. Ma anche dalla capitale lancia la volata a Massimiliano Fedriga – utilizzando, peraltro, un vecchio slogan della famiglia Zanussi: «Fatti, non parole – e affronta le principali tematiche che interessano il Friuli Venezia Giulia e l’Italia con uno sguardo lungo fino alle Europee del prossimo anno.

Presidente, domani e lunedì si vota per le Regionali in Friuli Venezia Giulia ed è il secondo test elettorale da quando si è insediato il Governo, dopo quello di Lazio e Lombardia. Che risultato si aspetta per il centrodestra e, in particolare, per Fratelli d’Italia che alle Politiche in questa regione ha superato il 30% dei consensi?

«Il centrodestra è un modello vincente anche in questa regione e il risultato di Fratelli d’Italia viene dopo quello della coalizione. Siamo concentrati sul lavoro da fare in queste poche ore che mancano alla chiusura della campagna elettorale: parlare con gli elettori, esporre bene le nostre idee per continuare a governare questa splendida terra. Voglio ringraziare tutti gli elettori, uno per uno: sono lo stimolo per continuare il lavoro che abbiamo iniziato. Lunedì avremo tutto il tempo per fare l’analisi del voto. Non ho fretta né ansia, adesso desidero soltanto vedere ancora Fedriga alla guida della Regione».

Ogni rilevazione descrive Fratelli d’Italia come il primo partito della coalizione. Nel caso di vittoria di Fedriga come cambieranno i rapporti di forza all’interno dell’alleanza dopo cinque anni a forte trazione leghista? Chiederete la vicepresidenza?

«Sono discorsi prematuri. Ho un sacro rispetto degli elettori. Aspettiamo che la gente del Friuli Venezia Giulia parli. Noi dobbiamo sempre accettare il risultato delle urne, farne tesoro, trarne stimolo per andare avanti e migliorare. E sarà così anche stavolta. Voglio sottolineare che per me la politica non è mai stata un problema di posti – siamo rimasti con coerenza all’opposizione quando tutti andavano al Governo –, ma di programmi, di idee realizzabili, non utopie, di visione del futuro. Siamo costruttori, la nostra politica non è quella di occupare e spendere, ma di governare e realizzare. Una grande azienda del Friuli Venezia Giulia, quella fondata da Antonio Zanussi, geniale imprenditore di Pordenone che creò appunto la Zanussi, poi guidata dal figlio Lino, negli anni Settanta lanciò il marchio Rex con questo slogan: “Fatti, non parole”».

Teme un possibile “effetto Schlein” sulle elezioni e cosa risponde alle accuse del centrosinistra locale che sostiene come voi vi occupiate di sfilate di ministri e leader di partito, mentre loro pensano alle esigenze e ai problemi del Friuli Venezia Giulia?

«Non mi concentro sul lavoro degli altri, ma sul mio impegno. Cerco di garantire il massimo contributo al risultato delle Regionali. Lo faccio con grande umiltà per il Friuli Venezia Giulia, per la nazione, per la comunità politica che ho fondato e che rappresento, per gli uomini e le donne di buona volontà che qui hanno saputo sempre essere un esempio di umiltà, lavoro, dedizione e creatività. Il Friuli Venezia Giulia è un luogo di straordinaria ricchezza, sarebbe impensabile per noi non venire a testimoniare tutta la nostra ammirazione e dedizione per un luogo che ha dato tanto alla costruzione della nostra nazione. Trovo dunque del tutto fuori luogo dire che noi facciamo sfilate. Siamo qui perché lavoriamo, perché non ci dimentichiamo delle persone con cui abbiamo condiviso un percorso politico. Siamo qui perché non facciamo promesse e non abbiamo paura di tornare perché le abbiamo mantenute ieri e continueremo a mantenere la parola anche domani. Siamo qui perché la nostra politica è concreta, con i piedi per terra, siamo una forza nazionale e rappresentiamo tutti gli italiani».

Gli industriali, compresi quelli del Friuli Venezia Giulia, chiedono di aprire le porte a un’immigrazione qualificata per reperire il personale necessario. Voi avete appena “bandito” il nuovo decreto flussi, ma come si può strutturare la politica migratoria italiana per attrarre, appunto, personale specializzato e non soltanto richiedenti asilo?

«Le richieste degli industriali del Friuli Venezia Giulia trovano l’ascolto del Governo. Le condividiamo e fanno parte del nostro modo di affrontare il tema dell’immigrazione. Il nuovo decreto flussi risponde a questa esigenza manifestata dal mondo produttivo e si accompagna alla nostra azione di contrasto alla criminalità, all’inasprimento delle pene contro i trafficanti di esseri umani. Non devono essere gli scafisti a scegliere chi deve entrare (e poi restare) in Italia, perché questo è un danno prima di tutto per i tanti migranti che ne avrebbero potuto beneficiare. Per avere personale qualificato, quello che serve alle aziende, bisogna cambiare radicalmente la forma mentis che fino all’altro ieri dominava la politica italiana a Bruxelles: l’idea che non ci sia niente da fare, che l’Italia sia vittima pre-destinata della migrazione irregolare, senza controllo, a causa della sua posizione al centro del Mediterraneo, che ogni tentativo di fermare l’ondata migratoria dalla Tunisia sia vano e dunque che dobbiamo subire e tacere in Europa. Quell’era è finita, in poche settimane abbiamo impresso una nuova direzione alla politica dell’Europa, la Commissione ha accolto le nostre posizioni e ora condivide con noi un intervento che punta a vigilare sulle rotte del Mediterraneo centrale e orientale, combattere i trafficanti, aumentare la presenza dell’Europa in Africa per fare formazione, prevenzione, selezione dei talenti che vogliono venire in Italia. So che la rotta orientale dell’immigrazione è il tema chiave per il Friuli Venezia Giulia, ma l’impostazione non cambia: controllo, azione sul territorio, investimenti, flussi regolati».

Anche nella nostra regione c’è molta preoccupazione per i ritardi legati al Pnrr. Rischiamo davvero di perdere i finanziamenti europei e come pensate di agire per ridefinire il Piano?

«Abbiamo ereditato il Pnrr e siamo impegnati a renderlo concreto, più di quanto lo fosse sulla carta. I Governi che ci hanno preceduto dovevano scriverlo e dargli una cornice legislativa, noi invece l’abbiamo preso quando entrava nella fase di esecuzione – dobbiamo farlo – i progetti non sono nostri e su alcuni sono sorte difficoltà che, stranamente, nessuno aveva colto prima, né a Bruxelles né a Roma. Abbiamo ereditato questo Pnrr, avremmo fatto altro, ma il nostro impegno per l’interesse nazionale ci impone di lavorare per la sua realizzazione. È in corso un confronto con la Commissione europea, alcuni progetti hanno delle criticità e il Governo lavora per superarle. I limiti del Pnrr sono legati alla fine dell’era in cui il Piano è stato concepito. Doveva servire a traghettare l’Italia in un mondo ideale, poi è arrivato quello reale: inflazione e guerra. Le premesse si sono scontrate con l’aumento dei prezzi delle materie prime che servono a costruire le infrastrutture e allo choc energetico accelerato dall’invasione dell’Ucraina. Ci sono margini per rivedere alcuni aspetti, il confronto con la Commissione aperto».

Il Friuli Venezia Giulia è una terra stretta tra due realtà, Austria e Slovenia, dove la tassazione è decisamente più competitiva. Così molte aziende si sono trasferite, nel recente passato, oltreconfine. È davvero impossibile pensare a una fiscalità di vantaggio per la regione?

«Abbiamo una riforma del Fisco in cantiere, provvedimenti straordinari che continuano a mitigare il caro-energia, risultati economici che smentiscono tutti quelli che dicevano che con questo Governo avremmo avuto l’assalto della speculazione. Avviso ai profeti di sventura: la catastrofe non c’è stata e non ci sarà. Quello che facciamo è rispondere all’emergenza nel quadro del sistema di regole europee. Lei a proposito della vicinanza di Stati come Slovenia e Austria parla di “terra stretta”, io dico invece che è una “terra larga”, perché con loro bisogna rafforzare la cooperazione, far funzionare lo spazio comune, creare un sistema che attrae investimenti per tutti. Non c’è soltanto la leva fiscale, ci sono risorse finanziarie per creare infrastrutture, economie esterne, viviamo in un tempo dove occorre molta immaginazione. Il porto di Trieste deve essere anche “retro porto”, cioè essere in collegamento con i Consorzi economici locali, deve continuare a realizzare il passaggio dal trasporto su gomma a quello su ferrovia. Ambiente e industria sono due facce della stessa medaglia, la presenza dell’uomo che trasforma il territorio, lo cura. Dico queste cose per invitare tutti a riflettere non su “cosa c’è là fuori”: l’Austria e la Slovenia, certo, e molto altro ancora, ma su “cosa c’è qui dentro”, una terra piena di opportunità».

Le Aziende sanitarie fanno fatica a trovare personale medico e infermieristico: come pensate di intervenire per risolvere una situazione oggettivamente critica, in tutto il Paese?

«Abbiamo cominciato a dare una risposta nell’ultimo Consiglio dei ministri. Nel pacchetto Sanità ci sono più fondi per gli straordinari dei medici dei Pronto soccorso, limiti ai camici bianchi a gettone e l’introduzione di pene più severe per chi aggredisce gli operatori: ci saranno più agenti di polizia in quasi 200 ospedali».

Il prossimo anno ci sono le Europee: è possibile, come ammesso da Silvio Berlusconi, un asse a Bruxelles che porti voi Conservatori ad allearvi con il Ppe staccandolo dai socialisti?

«È possibile e stiamo lavorando per farlo diventare realtà. Sarebbe un grande passo in avanti per l’intera Europa e per l’Italia. Le elezioni in Friuli Venezia Giulia sono una tappa di questo percorso che l’anno prossimo arriverà al traguardo, abbiamo la possibilità di cambiare l’assetto del Parlamento e della Commissione europea. E così molti ostacoli cadranno».





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