Post-pandemia, carovita e mutui, l’appello del sindaco di Mantova: «Serve un nuovo patto sociale»
foto da Quotidiani locali
«Un’alleanza economica, sociale e istituzionale per non lasciare nessuno solo». A proporla è il sindaco Mattia Palazzi, preoccupato della tenuta della città, travolta prima dalla pandemia – che ha rovesciato ogni certezza e abitudine – bersagliata poi dal caro energia e adesso sotto la tempesta dell’inflazione, che svuota i carrelli e gonfia le rate dei mutui. Un accanimento del destino e delle cose del mondo che riverbera i suoi effetti anche sulla piccola provincia.
«Da tre anni singoli e famiglie sono sottoposti a una grande fatica e tensione, innanzitutto economica ma anche sociale – argomenta Palazzi – a partire da chi è in condizione di povertà fino a salire ai redditi bassi e medio-bassi».
Sindaco, come si traduce questa fatica? Che segnali le arrivano dal territorio?
«Sempre più famiglie che prima, pur tirando la cinghia, riuscivano a vivere una vita positiva, si trovano oggi in difficoltà, e ciò vale sempre più spesso anche per i genitori separati. Non c’è un solo osservatorio a nostra disposizione che non evidenzi tale fenomeno, che si accompagna a un impoverimento delle relazioni sociali, ossia delle reti che garantiscono coesione sociale».
La pandemia sembra aver esasperato dinamiche già in atto, a partire dallo sfilacciamento sociale, adesso aggravato dai morsi della crisi economica. I Comuni sono attrezzati per offrire aiuto anche ai nuovi vulnerabili?
«I Comuni sono sempre più spesso lasciati soli di fronte a comunità più fragili, più vecchie e con meno risorse spendibili nei nuclei familiari. Molti dei quali reggono soltanto grazie al patrimonio dato dalla proprietà della casa, ma ora anche chi sta pagando un mutuo a interessi variabili e vive di stipendi “normali” si trova in grande difficoltà».
Chi ha lasciato soli i Comuni? Crede che la sua amministrazione abbia fatto abbastanza?
«Servirebbero uno Stato e una Regione più attenti alle condizioni economiche e sociali. Aver tagliato il Fondo sostegno affitti e lasciare che centinaia di case Aler restino vuote, quando ci sono centinaia di famiglie in lista d’attesa, definiscono responsabilità gravi e inaccettabili. La mia amministrazione? Ogni anno abbiamo investito almeno un milione in più sul welfare, rispetto all’anno precedente, oltre alle misure straordinarie messe in campo dalla pandemia fino ad oggi con il “Piano Mantova”, del valore di circa sei milioni di euro, sempre per sostenere le persone e i nuclei a basso e zero reddito. Dalla spesa alle risorse per salvare le famiglie dallo sfratto, ai bandi per aiutare a pagare le bollette. E poi abbiamo attivato nuovi servizi, gratuiti».
A quali servizi si riferisce?
«Ad esempio, il centro per le famiglie e lo psicologo di comunità. Proprio questi servizi ci stanno dimostrando che, oltre al tema economico, c’è sempre più bisogno di luoghi e figure professionali capaci di far incontrare le persone e accompagnarle nei percorsi di autonomia. Siamo, però, di fronte a un vero e proprio cambiamento strutturale della nostra società che richiede di unire tutte le forze della città, per rileggere il nostro tessuto sociale e capire dove non riusciamo ad arrivare, chi non stiamo aiutando e come riuscire a farlo».
Insomma, una sorta di patto sociale.
«Proprio così, un patto della città, dalla filiera dei servizi pubblici, sociali, educativi, socio assistenziali e sanitari agli strumenti e alle risorse per incidere nel miglior modo possibile sulle condizioni di vita delle persone. Il primo punto è naturalmente la crescita, innanzitutto occupazionale, e su questo il lavoro fatto ha portato e porterà risultati eccezionali per Mantova, se pensiamo che entro fine 2026 saranno almeno 1.200 i nuovi posti di lavoro a Valdaro. E anche qui dobbiamo far squadra, perché queste opportunità possano recuperare anche lavoratori oggi impiegati in processi produttivi a rischio, come gli operai del Colorificio Freddi. Insomma, dobbiamo unire forze, idee e risorse».
Operativamente, come vorrebbe declinare questo patto, perché non resti soltanto un proposito?
«Da settembre intendo chiedere alle rappresentanze economiche, sindacali e del Terzo settore, alle società controllate e partecipate dal Comune, alle fondazioni bancarie, alla Fondazione UniverMantova e alle università, alla Caritas e alle parrocchie, ai medici di base, alle professioni sanitarie e socio sanitarie, ad Asst e Ats, al mondo della scuola, di lavorare insieme, a un unico tavolo, per prenderci ciascuno sulle sue spalle la responsabilità collettiva in anni così difficili. Intendo anche chiedere ai Comuni della Grande Mantova di condividere politiche abitative e servizi di prima accoglienza per le gravi marginalità».
Che contributo potrebbe arrivare dall’università?
«Potrebbe aiutarci a rileggere la condizione sociale, a ragionare sul bisogno di assistenza dei nostri anziani, contando che tanti sono soli in casa. Vogliamo rafforzare le reti di volontariato e solidarietà, risorsa e patrimonio straordinario della nostra comunità».