Omicidio Ceschin, restano in carcere l’ex marito e i due complici
I giudici del tribunale del Riesame di Venezia hanno deciso che rimangono in carcere l’ex marito Enzo Lorenzon, 79 anni e i due domenicani Sergio Antonio Luciano Lorenzo, 38 anni, e Juan Maria Guzman, 41 anni, presunti mandante, esecutore e intermediario dell’omicidio di Margherita Ceschin, la pensionata uccisa la sera del 23 giugno nel salotto del suo appartamento di via 28 Aprile a Conegliano. Nonostante l’annullamento della prima ordinanza del gip Biagetti, quella del 24 luglio perché priva di motivazioni, come richiesto dal legale degli indagati, l’avvocato Fabio Crea, i giudici hanno invece confermato la seconda ordinanza con la quale disponeva il carcere per Lorenzon e i due dominicani. Se fosse stata annullata anche la seconda ordinanza, come chiesto dalla difesa, tutti gli indagati sarebbero stati scarcerati. E’ passata, dunque, la linea del pubblico ministero Michele Permunian, titolare del fascicolo dell’omicidio (inizialmente con la collega Anna Andreatta che però da settembre sarà in forza alla procura di Venezia). Il legale dei tre indagati, l’avvocato Fabio Crea, preannuncia un ricorso in cassazione contro la decisione dei giudici del Riesame: “Anche la seconda ordinanza del gip andava annullata in quanto l’annullamento della prima, per motivi sostanziali e non formali, ne comportava di conseguenza anche quello della seconda: per questo motivo ricorreremo ai giudici della Suprema Corte”.
Margherita Ceschin era stato trovata morta la sera del 24 giugno, nella sua abitazione di via 28 aprile a Conegliano. A dare l’allarme erano state alcune sue amiche con le quali, quella sera, aveva un appuntamento per andare a mangiare una pizza in compagnia. L’autopsia stabilì che la donna era morta soffocata e che le era stato rotto lo sterno. Le indagini presto s’indirizzarono su due uomini che la sera dell’omicidio furono immortalati dalle telecamere della zona mentre arrivavano nei pressi dell’abitazione della vittima, in sella alla bicicletta, vestiti con pantaloni e maglietta nera e berrettino da baseball, e scavalcavano la ringhiera del condominio dove abitava la vittima. Sempre dal sistema di videosorveglianza emerse che in zona c’era anche un terzo uomo (Juan Maria Guzman, per gli investigatori) che, dopo aver parlottato con loro, s’era allontanato, imboccando una via laterale. Per 53 minuti i due assassini rimasero all’interno dell’abitazione della vittima, per poi uscire e andarsene in bicicletta dopo aver sottratto alla vittima il solo portafoglio. Una mossa, questa, che aveva lo scopo di sviare le indagini e indurre gli investigatori a imboccare la pista del furto degenerato in omicidio. In realtà, i carabinieri, coordinati dalla procura, indirizzarono le loro indagini sul rapporto conflittuale tra la vittima e il suo ex marito. Un rapporto che negli ultimi anni, dopo la separazione, era stato scandito da denunce e contro-denunce. Ceschin aveva denunciato l’ex marito per minacce di morte (“te taio le cane dea gola”, “così no te pol più parlar”, “te fae fora”), mentre Lorenzon aveva replicato all’ex con querele per il furto di un cellulare, il tentato danneggiamento di un’auto e il furto di mobili e oggetti di valore dalla villa di sua proprietà. Alla fine, Lorenzon, imprenditore agricolo e vitivinicolo, che secondo le stime aveva un patrimonio di 8 milioni di euro, era stato condannato dal tribunale civile di Treviso a corrispondere all’ex moglie un assegno mensile di oltre 10.000 euro. Un fatto, per gli investigatori, che Lorenzon non aveva mai accettato