Cioffi, la sfida nella sfida: il suo passato fugace vissuto alla guida dell’Hellas
foto da Quotidiani locali
UDINE. Cosa passerà nella testa di Gabriele Cioffi quando domenica si troverà di fronte le maglie del Verona? Quella con l’Hellas è stata una parentesi (tra l’alto piuttosto breve) contraddittoria per il tecnico dell’Udinese. Era arrivato all’ombra dell’Arena con l’etichetta di tecnico rivelazione, se n’è andato con un esonero arrivato dopo nove giornate nelle quali aveva messo assieme solo cinque punti e con una serie aperta di quattro sconfitte, compresa quella al Bentegodi contro l’Udinese del suo successore Sottil.
Dal giorno in cui gli fu comunicato che non era più l’allenatore del Verona Cioffi non ha mai parlato della sua esperienza all’Hellas. Forse perché ci sarebbe qualcosa di scomodo da dire. E allora, meglio restare zitti. Aveva lasciato una squadra, l’Udinese, che fino alla sosta per il mondiale avrebbe navigato vicino alla zona Europa, se n’è ritrovata una depauperata da un mercato in uscita a dir poco esagerato. Quando aveva firmato il contratto biennale davanti al presidente Setti, Cioffi sapeva bene che Simeone e Barak avrebbero fatto la valigia. Il primo era stato riscattato dal Cagliari per 10,5 milioni ed è stato rivenduto al Napoli per 18. Il secondo è finito alla Fiorentina per 11,5 (prestito oneroso da 1,5 e riscatto fissato a 10). Chi non era previsto partisse era Caprari finito al Monza per una cifra vicina agli otto milioni tra prestito e riscatto. Ecco, quando ha visto partire la punta che aveva segnato nella precedente stagione 12 gol e fornito 7 assist, Cioffi ha cominciato a dubitare di aver fatto la scelta giusta. Perché va bene l’ingaggio decisamente superiore a quello che percepiva a Udine, ma un allenatore vive anche di garanzie tecniche.
Non è partito malissimo: ha perso in casa con Napoli e Atalanta, ha fatto i punti che doveva a Bologna (1-1) ad Empoli (1-1) e ha vinto lo scontro diretto con la Sampdoria (2-1). Poi sono arrivati i quattro ko di fila che gli sono costati il posto. Soprattutto l’ultimo, a Salerno, ha avuto il sapore della beffa. A Verona ricordano che era stata la miglior prestazione della sua gestione e che solo un paio di abbaglia arbitrali (a cominciare da una mancata espulsione di Candreva) avevano provocato la sconfitta.
Al suo posto arrivò il tandem Bocchetti-Zaffaroni, ma attenzione, la svolta non arrivò subito, anzi. Arrivarono altre sei sconfitte di fila, l’ultima in casa contro lo Spezia prima della sosta per i Mondiali. Proprio i liguri sarebbero diventati con il passare del tempo la lepre sulla quale fare la corsa. Nove punti sembravano un gap troppo grande dal colmare. Sempre a Verona sono convinti che se lo Spezia non avesse esonerato Gotti per sostituirlo con Semplici la rimonta sarebbe stata impossibile. Le due squadre alla fine della 38ª giornata si trovarono appaiate al terzultimo posto a quota 31 e fu necessario lo spareggio per stabilire chi avrebbe fatto compagnia a Sampdoria e Cremonese. Si giocò a Reggio Emilia e vinsero i veneti 3-1. Cioffi non ha mai sentito sua quella salvezza e forse non ha mai sentito sua quella squadra come ha invece sempre sentito sua l’Udinese. Ecco perché è tornato. Ecco perché domenica non guarderà in faccia nessuno. Il detto mors tua, vita mea, sportivamente parlando, vale sempre.