L’omelia di Papa Leone: “La pace inizia quando abbandoniamo le nostre certezze”
Roma. Durante la messa del giorno di Natale, Papa Leone XIV torna a rivendicare l’esigenza della pace e giustizia in un mondo dilaniato da conflitti e incertezze. «Cari fratelli e sorelle, poiché il Verbo si fece carne, ora la carne parla, grida il desiderio divino di incontrarci. Il Verbo ha stabilito fra noi la sua fragile tenda. E come non pensare alle tende di Gaza, da settimane esposte alle piogge, al vento e al freddo, e a quelle di tanti altri profughi e rifugiati in ogni continente, o ai ripari di fortuna di migliaia di persone senza dimora, dentro le nostre città?» Così Papa Leone XIV nell'omelia della Messa del giorno di Natale.
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Un pensiero, quello rivolto agli ultimi, che il pontefice riprende più volte nella sua omelia: tanti fratelli e sorelle «spogliati della dignità e ridotti al silenzio». Lo denuncia il Papa nella messa di Natale. «Carne è la radicale nudità cui a Betlemme e sul Calvario manca anche la parola; come parola non hanno tanti fratelli e sorelle spogliati della loro dignità e ridotti al silenzio. La carne umana - scandisce Leone - chiede cura, invoca accoglienza e riconoscimento, cerca mani capaci di tenerezza e menti disposte all'attenzione, desidera parole buone». Il pontefice spiega che solo mettendoci in ascolto si può cogliere «il modo paradossale in cui la pace è già fra noi: il dono di Dio è coinvolgente, cerca accoglienza e attiva la dedizione. Ci sorprende perché si espone al rifiuto, ci incanta perché ci strappa all'indifferenza». È l’accoglienza, la chiave per accogliere la pace nella vita di un cristiano: «È un vero potere quello di diventare figli di Dio: un potere - dice - che rimane sepolto finché stiamo distaccati dal pianto dei bambini e dalla fragilità degli anziani, dal silenzio impotente delle vittime e dalla rassegnata malinconia di chi fa il male che non vuole».
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Il Papa ha aggiunto: «Quando la fragilità altrui ci penetra il cuore, quando il dolore altrui manda in frantumi le nostre certezze granitiche, allora già inizia la pace. La pace di Dio nasce da un vagito accolto, da un pianto ascoltato: nasce fra rovine che invocano nuove solidarietà, nasce da sogni e visioni che, come profezie, invertono il corso della storia». Lo sottolinea il Papa nella messa di Natale. «Tutto questo - osserva Leone - esiste, perché Gesù è il senso da cui tutto ha preso forma. Questo mistero ci interpella dai presepi che abbiamo costruito, ci apre gli occhi su un mondo in cui la Parola risuona ancora, 'molte volte e in diversi modi', e ancora ci chiama a conversione». «Certo - fa notare Leone - il Vangelo non nasconde la resistenza delle tenebre alla luce, descrive il cammino della Parola di Dio come una strada impervia, disseminata di ostacoli. Fino a oggi gli autentici messaggeri di pace seguono il Verbo su questa via, che infine raggiunge i cuori: cuori inquieti, che spesso desiderano proprio ciò a cui resistono».
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La chiesa missionaria
Il Papa ha dedicato una parte della sua omelia al ruolo che deve incarnare la Chiesa nella società contemporanea: «Il Natale rimotiva una Chiesa missionaria, sospingendola sui sentieri che la Parola di Dio le ha tracciato. Non serviamo una parola prepotente - ne risuonano già dappertutto - ma una presenza che suscita il bene, ne conosce l'efficacia, non se ne arroga il monopolio. Ecco la strada della missione: una strada verso l'altro. In Dio ogni parola è parola rivolta, è un invito alla conversazione, parola mai uguale a sé stessa. È il rinnovamento che il Concilio Vaticano II ha promosso e che vedremo fiorire solo camminando insieme all'intera umanità, mai separandocene. Mondano è il contrario: avere per centro sé stessi».
Le parole di Francesco
Leone XIV ha citato il suo predecessore Papa Francesco, ricordando un passaggio della sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium : «Come scrisse l'amato Papa Francesco, per richiamarci alla gioia del Vangelo: a volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l'esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza».
