Rogo in pizzeria a Pieve di Cadore: «Il piromane pagato 5mila euro per l’incendio»
Il principale imputato del rogo con esplosione della pizzeria. Mordi e fuggi del 2017 l’ha confessato anche ad un’amica
PIEVE DI CADORE. Incendio ed esplosione della pizzeria “Mordi e fuggi”, cinque anni dopo. Nel processo per i fatti dell’aprile 2017, è emerso che il reo confesso Fabio Laritonda avrebbe incassato 5 mila euro per fare il lavoro, mentre il presunto complice Pasquale Ferraro se ne sarebbe meritati 500, ma il bonifico a «una persona di giù» non è stato completato in banca. Avrebbe dovuto farlo la pizzaiola di un locale di Domegge, che il brindisino Laritonda frequentava a pranzo e della quale era diventato amico.
La stessa che ha testimoniato giovedì per l’accusa, dicendo che il principale imputato le ha confidato di essere il responsabile del rogo e di aver ricevuto le chiavi del locale dal proprietario Alessandro Piccin, tramite Luigi Zanettin, detto “Proietti” come l’attore. Imputati anche loro. A sentire Laritonda, il suo ospite Ferraro non c’entrava, ma dopo essere arrivato in via XX Settembre a bordo dello stesso taxi del quinto imputato Giuseppe Lauro aveva un appuntamento galante con una ragazza cadorina e sarebbe stato investito dall’onda d’urto dell’esplosione, semplicemente perché stava passando di là nel momento sbagliato.
Tra un non ricordo e l’altro, la stessa pizzaiola ha aggiunto che Laritonda e Zamnettin si erano visti e probabilmente avevano concordato come operare e la sua amicizia con il primo è proseguita anche dopo: durante il periodo di arresti domiciliari, era lei ad andare a portare il cane a passeggio. Il fratello Massimiliano Laritonda l’aveva incaricata di scrivere una lettera in carcere, non essendo in buoni rapporti con il consanguineo.
Mentre ai pasti pensava la madre titolare dello stesso ristorante. Lasciava il necessario sulla finestra di casa, senza azzardarsi mai a entrare e si faceva gli affari suoi, anche se in paese girava con insistenza la voce che il colpevole fosse lui. Da parte sua, Laritonda l’aveva inizialmente rassicurata, salvo poi ammettere che «era stato messo in mezzo». Il mistero ancora irrisolto è il destino di quelle chiavi.
Per la Procura, Piccin è il mandante, che con l’incendio avrebbe voluto riscuotere il premio maggiorato dell’assicurazione; Laritonda e Ferraro gli esecutore; Zanettin il tramite tra Piccin e Laritonda e Lauro il tassista che ha portato i due sul posto ed è anche tornato a prenderli. È stato lui il primo a soccorrere il ferito. Prossima udienza il 7 luglio con i difensori Fontana, Montino, Longo, Fioraso, Munerin e Monopoli. Uno dei testimoni è in Messico e bisognerà sentirlo in videoconferenza.