Incubo assegno unico nel Bellunese: bloccate dall’Inps centinaia di pratiche
Molti cittadini a distanza di mesi non hanno ricevuto i soldi. Caf e patronati: «Basterebbe sapere il motivo dei ritardi»
BELLUNO. Pratiche bloccate per motivi “sconosciuti” e rimpallo di responsabilità da un ufficio all’altro: nella giungla burocratica della pubblica amministrazione il cittadino ne esce confuso, incerto e anche un po’ più povero. Emblematica la storia di un papà di quattro bambini che, dopo aver presentato la domanda per l’assegno unico, non ha ancora percepito un euro, se non una somma simbolica (per giunta anche sbagliata) per uno solo dei suoi bambini.
La vera sfida è capire perché la sua pratica si sia arenata: «Quando ho visto arrivare a maggio una quota irrisoria per uno solo dei miei quattro figli, ho chiesto al patronato cosa fosse successo. Mi è stato risposto che, una volta inviata la pratica per l’assegno unico, loro non possono più intervenire», racconta il papà che a quel punto ha chiamato la sede centrale dell’Inps.
«Qui, a seconda di chi mi rispondeva, mi venivano comunicati motivi sempre diversi circa questo blocco. Così», racconta ormai disperato, «ho chiesto notizie alla sede dell’istituto del Bellunese, dove mi è stato risposto che le pratiche sono trattate esclusivamente a Roma. Nel frattempo sono tre mesi che non percepisco gli assegni che mi aiutano ad arrivare a fine mese. In tutto questo tempo sono stato costretto a chiedere aiuto ai miei genitori. Una situazione che definire umiliante è riduttivo. Se solo sapessi cosa non va nella pratica, potrei intervenire, ma nessuno mi dice niente».
La vicenda di questo bellunese non è la sola in provincia. Le lamentele per i tempi e i modi di accesso all’assegno unico arrivano da un po’ ovunque. E per tutti il problema è lo stesso: pratica bloccata per un motivo sconosciuto e incomunicabilità con l’Inps.
«La situazione è nota, purtroppo», esordisce Tomaso Zampieri, direttore del Caf Acli di Belluno. «I primi che hanno presentato la domanda per l’assegno unico hanno avuto maggiori problemi a ricevere la somma spettante. E questo perché lo strumento messo in piedi dal governo è ancora un po’ grezzo e soprattutto non tiene conto dello svariato mondo delle famiglie italiane, che non sono più quelle alla Mulino bianco. C’è poi il fatto», prosegue Zampieri, «che la pubblica amministrazione e l’Inps sono poco accessibili al cittadino. Ormai tutto è digitalizzato, andare a parlare in presenza è quasi impossibile e gli uffici pubblici territoriali sono tenuti completamente all’oscuro sulle situazioni gestite tutte a livello centrale». L’utente non ha nessuno con cui confrontarsi e intanto il tempo passa e se la domanda non è presentata correttamente entro fine giugno, si rischia di perdere gli assegni arretrati a partire da marzo.
Per Claudio Zaccarin coordinatore dei Caf Cgil «ci sono delle complicazioni tecniche che stanno rallentando questa procedura e a farne le spese sono i cittadini che non sanno più cosa fare. Se non si attiva qualcuno da Roma, la pratica è bloccata».
Stefano Gris referente del patronato Inas Cisl, evidenzia che in provincia di Belluno sono state inoltrate 23.500 schede per l’assegno. Di queste, 328 sono al momento “in evidenza”, il che non significa che sono state respinte, ma che necessitano di verifiche da parte dell’Inps. Molte sono relative a persone straniere, per le quali è necessario verificare i permessi di soggiorno. Inoltre altre 200 richieste sono in fase di verifica.
«Consiglio», afferma Gris, «di verificare e portare al patronato eventuali situazioni complesse o questioni legate a documentazione mancante. Consiglio anche di controllare l’Iban perchè molti istituti bancari lo hanno modificato».