Federalismo idroelettrico in rampa di lancio: 34 grandi derivazioni alla Regione
VENEZIA. Dighe, opere di presa, canali, gallerie, condotte: le grandi derivazioni idroelettriche. Sono 34 quelle attive nel circuito regionale, incluse due a scavalco con il Friuli Venezia Giulia e tre con il Trentino, concentrate nella provincia di Belluno che ne conta ben 24 capaci di generare 382.422 kilowatt con le restanti distribuite a Treviso (2), Vicenza (3) e Verona (5). Un patrimonio pubblico ingente, che in questi decenni ha rimpinguato le società di gestione - da Enel a Eni - detentrici di concessioni statali vantaggiose per il contraente quanto avare di ricadute apprezzabili sul territorio.
Ma il copione, finalmente, potrebbe cambiare. Il fatidico disegno di legge Concorrenza - approvato l’altra sera in commissione parlamentare dopo le accese polemiche riguardanti gli indennizzi destinati agli imprenditori balneari - conferma nella sostanza le modifiche che hanno consentito all’Italia di archiviare la procedura di infrazione avviato dall’Unione europea.
«In estrema sintesi», riassume Gianpaolo Bottacin «alla scadenza delle concessioni i beni costituenti le cosiddette “opere bagnate” passeranno senza compenso in proprietà delle Regioni o delle province autonome, che potranno poi riassegnarne l’utilizzo, non la proprietà, stipulando nuovi contratti di concessione».
Le parole dell’assessore all’Ambiente e alla protezione civile del Veneto corrono alle procedure di dettaglio che saranno disciplinate dall’amministrazione regionale con propria legge nel rispetto dei criteri e degli indirizzi stabiliti della norma nazionale.
La riassegnazione delle concessioni, giova ribadirlo, si riferisce esclusivamente alla gestione: la proprietà della diga e dei cosiddetti beni bagnati, a concessione scaduta, ovvero nel 2029, passerà alla Regione in virtù dell’emendamento sottoscritto nel 2019 da Giancarlo Giorgetti, l’attuale ministro per lo Sviluppo economico.
«Una buona notizia, una scelta di buonsenso», il commento soddisfatto di Bottacin «finalmente c’è l’opportunità di rivedere i contratti di concessione con gli operatori idroelettrici siglati decine di anni fa».
L’allusione investe l’urgenza di fissare nuove regole allo sfruttamento delle risorse idroelettriche, obiettivo cruciale in una stagione internazionale caratterizzata da rincari e ostacoli nell’approvvigionamento energetico.
Nel dettaglio, i nuovi contratti di concessione con gli operatori, individuati secondo le procedure selettive previste dalla legislazione nazionale, saranno improntati alla tutela dei territori, agli investimenti sugli impianti e alla gestione coordinata delle risorse naturali in un’ottica monte-valle con l’obiettivo di contemperare le svariate esigenze in gioco: l’ambiente, lo sviluppo degli impianti, la fruizione della montagna, la gestione dei livelli dei laghi, le necessità dell’irrigazione, l’occupazione.
Le novità? Al gestore che si aggiudicherà il contratto sarà riconosciuta una “giusta remunerazione” nel tempo nonché una concessione variante dai 30 a 50 anni, condizionata però.
«In questo lungo periodo», anticipa l’assessore di Palazzo Balbi «l’operatore dovrà corrispondere a titolo gratuito una quota dell’energia prodotta alla Regione, che la trasferirà ai territori interessati.
I canoni di concessione? Saranno articolati in una parte fissa e una variabile legata alla remunerazione dell’energia. Sia i canoni che la fornitura gratuita saranno oggetto di competizione in sede di gara».
Prove tecniche di federalismo energetico… «Per il Paese è una straordinaria occasione di modernizzazione di un asset strategico qual è l’idroelettrico, per i territori è un’opportunità di sviluppo da cogliere al volo». —