Sanità in Veneto, così nella Lega è scoppiato il caso Bassano
Il vice presidente leghista del Consiglio Finco mette nel mirino l’assessore Lanzarin: sullo sfondo la corsa per Montecitorio
VICENZA. Una donna da dieci miliardi di euro. Manuela Lanzarin, l’assessore regionale alla Sanità e al sociale, amministra un budget pari all’ottanta per cento del bilancio veneto e nella lunga stagione della pandemia è stata l’alter ego di Luca Zaia, condividendone oneri ed esposizione mediatica, salvo ritrovarsi sotto attacco a Palazzo Ferro-Fini.
Prevedibili le bordate dell’opposizione, inatteso il “fuoco amico” del vicepresidente leghista dell’assemblea, Nicola Finco, che a più riprese le ha rivolto interrogazioni polemiche, veri e propri J’accuse ricambiati peraltro da repliche indispettite. Un duello che scuote il Carroccio e si allarga al territorio - a Bassano la lista civica di centrodestra vicina a Finco ha contestato pubblicamente la gestione regionale dei servizi sanitari – incrinando l’unità della maggioranza in Regione.
Come si è giunti a questo? C’è chi individua il casus belli nella mancata nomina ad assessore del veterano - certo deluso e irritato dall’esclusione - ma lo scontro in atto va oltre la ripicca per investire gli equilibri di potere dell’influente partito vicentino, scosso da lotte correntizie senza precedenti per raggio e intensità. Sullo sfondo, ma in realtà in primo piano, le elezioni politiche del prossimo anno, con la drastica riduzione dei seggi in palio che si intreccia a sondaggi non proprio esaltanti per i seguaci di Matteo Salvini, esasperando la rivalità tra competitor.
Le cordate? Forte del sostegno dei consiglieri berici (Marco Zecchinato, Stefano Giacomin, Silvia Maino), il pugnace Finco ha stretto un’inedita alleanza con la votatissima Mara Bizzotto, europarlamentare di lungo corso a sua volta tentata da Roma; sul fronte opposto, Lanzarin e Roberto Ciambetti, il presidente evergreen dell’assemblea regionale, spalleggiati da Milena Cecchetto nonché dai deputati Germano Racchella e Silvia Covolo. Defilati, dediti all’impegno istituzionale più che alle manovre di palazzo, il ministro per le disabilità Erika Stefani e il deputato Erik Pretto, attivo nella commissione antimafia. Tant’è. Nel puzzle delle poltrone accade che Finco avverta il citato Racchella come un fastidioso ostacolo nella corsa a Montecitorio e nella sua madrina politica – donna Manuela, sì – un’influencer da ridimensionare. A costo di scatenare un’offensiva diretta ai vertici del servizio sanitario pubblico della pedemontana bassanese, già nell’occhio del ciclone per i guai finanziari di Carlo Bramezza, il direttore generale dell’Ulss 7 gravato da un debito monstre di 11 milioni con conseguente pignoramento di un quinto dello stipendio.
E Zaia? Informato dei focolai in consiglio da Alberto Villanova, il fedele capogruppo, il governatore è apparso dapprima incredulo e poi sconcertato. Che altro? Il caso Vicenza spicca per le sue ripercussioni istituzionali ma nella piccola patria Serenissima l’approssimarsi della corsa al Parlamento accende tensioni un po’ ovunque né si limita al campo leghista. Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti (Matteo 22,14). Com’è vero. —