Belluno, sempre meno dipendenti nei comuni e in Provincia: pubblico impiego in crisi

Dal 2018 al ’22 gli enti locali bellunesi hanno perso 117 addetti: allarme della Cisl. Per Carraretto è colpa di salari ridotti, impossibilità di carriera e assenza di welfare

BELLUNO. Un contratto scaduto da quattro anni, la mancanza di adeguati percorsi di crescita professionale e salariale, l’assenza di un welfare contrattuale al passo con i tempi e con le nuove esigenze dei giovani lavoratori, l’arretratezza sul fronte della digitalizzazione, lo screditamento della figura del dipendente pubblico perpetrata per anni dalla classe politica, il blocco delle assunzioni in vigore per molti anni e frutto della spending review ma anche di una politica miope e incapace di fare un’adeguata programmazione. Sono molti i motivi che stanno rendendo sempre meno attrattivo il posto di lavoro in un ente locale come un Comune o un ufficio della Provincia. I dipendenti di questi enti sono sempre meno, a causa dei tanti pensionamenti, sospinti anche dalla possibilità dell’uscita con Quota 100, che non ha permesso nell’immediata un adeguato passaggio di consegne. I concorsi, inoltre, vengono disertati dai giovani.

I NUMERI IN PROVINCiA

In provincia di Belluno i dipendenti degli enti locali sono passati, infatti, dai 1.579 dell’inizio del 2018 ai 1.462 del 2022, registrando un calo di 117 unità, pari al 7%. Nel dettaglio, dal 2018 ad oggi l’ente Provincia ha perso 32 dipendenti, passando da 146 a 114; il Comune di Belluno ne ha persi 19, passando da 231 a 212, un Comune piccolo come quello di Val di Zoldo ben 5 su 28, Ponte nelle Alpi 6 su 43, Santa Giustina 4 su 23.

ADDIO AL POSTO PUBBLICO

Ma perché questo fuggi fuggi dal posto pubblico, un tempo visto come la fine dei problemi? «È sempre più difficile», commenta Silvia Carraretto della segreteria Cisl Fp Belluno Treviso, «trovare manodopera specializzata, ma anche personale per gli uffici tecnici dei Comuni, in particolare in quelli più piccoli e più difficilmente raggiungibili. Un problema generale, che però in provincia di Belluno sconta anche le difficoltà intrinseche di un territorio montano, dove gli spostamenti sono più complicati, le infrastrutture carenti, i paesi con sempre meno abitanti».

Gli enti locali, come le imprese private, faticano ad attrarre e trattenere i lavoratori, specie i giovani. Ma non si tratta solo di una mancanza di sintonia sul fronte formativo e professionale. A pesare sono la mancanza di adeguati percorsi di crescita professionale e salariale e l’assenza di sensibilità da parte del pubblico sui temi della conciliazione fra i tempi di lavoro e di vita familiare, ribadita con la recente chiusura totale del ministro Brunetta sullo smart working nella pubblica amministrazione. «Le persone», dice Carraretto, «non partecipano neanche ai concorsi».

PUBBLICO IMPIEGO SENZA APPEAL

«In primo luogo», spiega la segretaria della Cisl Fp, «nel pubblico non ci sono prospettive di carriera nonostante il lavoratore abbia le competenze per fare degli avanzamenti. Cioè si entra ad un livello e lì si resta, non c’è crescita professionale. Il rinnovo del contratto nazionale è molto atteso perché prevede la riforma dell’ordinamento professionale, che aprirà anche alla possibilità di fare adeguati avanzamenti di carriera ed eliminerà figure obsolete come quella del terminalista, che non esiste neanche più». Il contratto del pubblico impiego è scaduto nel 2018 e quello in fase di rinnovo riguarda il triennio 2018-2021, quindi – paradossalmente – sarà già scaduto nel momento del rinnovo e, soprattutto, «non terrà conto dell’aumento dell’inflazione di questi ultimi mesi così come dello scenario complessivo mutato». Il contratto in fase di rinnovo adesso sarà dunque già vecchio. Gli stipendi dei lavoratori della macchina pubblica sono bassi, le responsabilità tante e non remunerate: chi entra in un livello intermedio guadagna mediamente 1. 300 euro al mese

Un altro motivo alla base della disaffezione dal pubblico impiego è la mancanza pressoché totale di welfare contrattuale. «Questo pesa molto», sostiene Carraretto, «soprattutto in una provincia come quella di Belluno, in cui le imprese private sono all’avanguardia su queste tematiche, e quasi tutte, almeno le più grandi, hanno contratti integrativi con premi di produzione e attenzione alla conciliazione vita-lavoro e al benessere dei lavoratori».

Da questo punto di vista, emblematica è la vicenda legata allo smart working nella pubblica amministrazione. «L’esperienza è stata chiusa con la fine della pandemia», conclude carraretto, «e il problema non è solo legato alla mancanza di attenzione alle esigenze delle lavoratrici con figli, ad esempio, ma rappresenta una mancata occasione per dare una spinta reale alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, che permetterebbe di lavorare da remoto: il futuro è questo, inutile girarci attorno. La digitalizzazione oggi è la strada per rendere più efficiente e rispondente alle esigenze dei cittadini la pubblica amministrazione, ma anche per ridurre i carichi di lavoro e favorire lo smart working e la flessibilità, aspetti che ormai per i giovani lavoratori sono imprescindibili e che nel pubblico non ci sono. La pubblica amministrazione si deve rinnovare e lo deve fare velocemente, tenuto conto che l’età media dei dipendenti degli enti locali è superiore ai 50 anni».