Violenza di genere il prefetto di Belluno pungola: «Bisogna fare di più. Rivedere le regole»
«La violenza sulle donne è un cancro della società e tutti noi dobbiamo fare quanto è in nostro potere per rendere sempre più efficaci le misure sia a sostegno di chi subisce la violenza, sia contro chi la perpetra». Il prefetto Mariano Savastano ha voluto incontrare martedì mattina i rappresentanti di associazioni (Belluno Donna e Dafne) e istituzioni (forze dell’ordine, Comune di Belluno, Provincia, Ulss e Ufficio Scolastico) coinvolte in prima linea nel contrasto a questa che è ormai una piaga che interessa tutte le realtà e che è scoppiata in modo pesante con la pandemia.
Per il rappresentante dello Stato è importante modificare il protocollo sottoscritto nel 2016 per renderlo più attinente agli attuali bisogni delle vittime. Per questo si punta ad aumentare il numero degli alloggi di emergenza, a renderli fruibili per un periodo anche più lungo dei tre giorni previsti a oggi, a formare sempre di più il personale che si trova in prima linea a trattare questi casi, ma anche a sensibilizzare le coscienze a partire dalle scuole. Sono questi alcuni dei punti che dovranno trovare posto nel nuovo protocollo. Lo scopo è arrivare per il 25 novembre, data in cui si ricordano le donne vittime di violenza, a ragionare su qualcosa di concreto.
I DATI
Secondo quanto riferito dall’associazione Belluno Donna, ogni due giorni si presenta una donna che cerca aiuto per una situazione di violenza che sta diventando insopportabile. «I casi di violenza», precisato il prefetto, «si riscontrano in numero maggiore nel Feltrino, anche se non mancano neppure a Belluno. Si tratta di un fenomeno costante, che non conosce picchi, anche se nel 2020, anno della pandemia, ha registrato un aumento importante, aumento che è poi continuato l’anno successivo. E per quest’anno i dati sono in ulteriore crescita».
Da quello che si è capito, a scatenare questa violenza contro le donne sono la gelosia e le difficoltà economiche. «È un fenomeno trasversale, interessa tutte le classi sociali», precisa ancora Savastano, «e le persone di tutte le età. Chi commette questo reato è perlopiù uomo tra i 40-45 anni, italiano ed è marito, compagno, parente o un ex della vittima. Questi atti vengono perpetrati soprattutto tra le mura domestiche».
COSA SI È FATTO
Ma il percorso per cambiare quella che è una «cultura», un costume ormai diffuso, è già iniziato e ha portato dei frutti positivi. Risale al 2016 la firma del primo protocollo tra Ulss, Belluno Donna, associazione Dafne (per le violenze sui minori), forze di polizia e Prefettura per contrastare questo fenomeno. «Da quel momento si è lavorato per mettere a disposizione alloggi di emergenza a chi scappa da casa e si è creata una prima rete di soggetti che lavorano in questa direzione. Ma ora quel protocollo è in parte superato», come ha precisato il prefetto. «Serve uno sforzo maggiore per individuare nuovi alloggi prima di tutto. Da Belluno a Feltre c’è un solo alloggio che è riservato a questo scopo, ne servono altri e soprattutto servono appartamenti dove le persone possano soggiornare più a lungo dei tre giorni attuali. Servono anche nuove risorse per sostenere il fondo Welfare Dolomiti che sta intervenendo per sostenere chi è in difficoltà».
IL PROTOCOLLO COL CARCERE
Pochi giorni fa il dipartimento di Pubblica sicurezza, secondo quanto riferito dal questore di Belluno Giuseppe Maggese, ha sottoscritto una convenzione con il carcere per avere in tempo reale la segnalazione alle forze dell’ordine della scarcerazione di soggetti accusati di reati in materia sessuale. «Si tratta di un altro passo avanti importante», precisa il Prefetto.
COSA BISoGNA FARE
«Serve un approccio interdisciplinare, e un sostegno su tutti i fronti, perché, come ha precisato anche il procuratore capo di Belluno, Paolo Luca, si rischia che tutta l’attività investigativa e processuale venga vanificata di fronte ad una ritrattazione della vittima in sede processuale», dice il vicario del prefetto Alessandro Sallusto. Gli ha fatto eco anche il vice prefetto aggiunto Rossella Caruso: «Bisogna elaborare nuove strategie, serve una cabina di regia per una battaglia di civiltà contro un fenomeno che non è più emergenziale, ma strutturale; necessita, quindi, di interventi non più solo repressivi ma di prevenzione. Serve un lavoro in rete».
Poichè il fenomeno è culturale, serve sensibilizzare le coscienze dei ragazzi. «Importante diventa quindi l’apporto della scuola in questa lotta», precisa Savastano. «Per questo abbiamo deciso di invitare al tavolo anche il referente dell’ufficio scolastico per le politiche giovanili, Franco Chemello. Bisogna partire dai ragazzi, intercettando sempre più le situazioni di disagio per poter intervenire tempestivamente. Ma vanno coinvolti anche i consultori, i pronto soccorso dove esiste già il Codice rosa. Insomma nessuno deve sentirsi escluso dal fare il possibile per un cambiamento di mentalità».