Un bel 2022 per il settore dell’occhiale grazie all’export: «Ma futuro è a rischio per il caro energia»

«Come sistema, chiuderemo in crescita il 2022 con un incremento del fatturato attorno al 7%, dovuto in buona parte però al primo semestre dell’anno. Ora ci attende un 2023 assai difficile a causa dell’aumento dei costi, dell’inflazione che galoppa e del quadro geopolitico sempre più instabile».

Giovanni Vitaloni, presidente di Anfao, l’associazione che raggruppa i fabbricanti di articoli ottici, tiene a sottolineare che bisogna essere previdenti e preparare il futuro, per evitare che le aziende, soprattutto le medio piccole del settore, vadano incontro a spiacevoli sorprese. «I big possono permettersi», prosegue il presidente, «di spalmare i rischi su orizzonti e mercati globali, ma noi dobbiamo occuparci soprattutto di chi ha invece mercati e produzioni più circoscritti».

I numeri

Stabili le imprese che sono 848 (-3%) e gli addetti (18mila), il settore dell’occhialeria aveva chiuso a giugno un ottimo semestre, con una crescita dell’export del 20% rispetto al 2021, ad arrivare a 2,45 miliardi di euro. Trainante il mercato americano, che rappresenta un terzo delle esportazioni, con una performance del +35%, soprattutto per quanto riguarda gli occhiali da sole. In Europa il mercato più importante è quello francese (che pesa circa per l’11% delle esportazioni), cresciuto del 12% nel primo semestre, poi la Germania (+17%) e la Spagna, che era stata in grave crisi durante la pandemia, (+35%); in difficoltà invece la Gran Bretagna (-5%), terzo mercato in Europa e quarto a livello mondiale. «Questa crescita generale», precisa Vitaloni, «è dovuta a un’ottima chiusura del 2021 e ad un’altrettanto buona apertura dell’anno in corso. Il secondo semestre invece segna una crescita minima del fatturato (+3/4%) che ci porterà a fine anno ad un +7% circa».

Il 2021 si era chiuso con un fatturato complessivo del settore a 4,17 miliardi di euro, in crescita del 35% sul 2021 e del 4,5% sul 2019, dimostrando come l’occhialeria italiana, grazie alla sua forte propensione internazionale, sia stata tra i settori che meglio hanno saputo reagire nel 2021, riportando i suoi valori ai livelli pre-covid.

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La crisi energetica

Anche per un settore non particolarmente energivoro come quello dell’occhialeria, in cui i costi per l’energia si sono sempre attestati mediamente nei limiti del 5% del totale, gli attuali livelli dei prezzi stanno diventando di difficile gestione. Inoltre, il costo crescente dell’energia ha contribuito a innalzare l’inflazione ai suoi massimi storici da decenni, riportando in primo piano anche seri problemi su redditi e potere d’acquisto delle famiglie. «Questa crisi, che non è più solo energetica, ma è ormai globale», spiega Vitaloni, «e che ci ha fatto ripiombare nuovamente nell’incertezza, sta mettendo a dura prova tutto il nostro settore. In particolare, è a rischio quella ripresa che con tanta fatica abbiamo riagganciato dopo due anni di pandemia. L’aumento delle bollette e dei costi di gestione a livelli non più sostenibili, senza nuove e ulteriori misure di contrasto e sostegno, potrebbe mettere seriamente a rischio la prosecuzione dell’attività di tantissime imprese del settore nei prossimi mesi, soprattutto le piccole e medie imprese, meno strutturate e meno preparate ad assorbire nuovi rincari di materie prime, trasporti, logistica e imballaggi, solo per citare le voci più rilevanti».

L’aumento delle materie prime

«È chiaro come a medio-lungo termine servano interventi strutturali mirati a una maggiore autosufficienza energetica dell’Italia e dell’Europa e una revisione del meccanismo di definizione del prezzo del gas», sostiene il presidente Vitaloni, «tuttavia, nel brevissimo sono imprescindibili misure di sostegno contingenti che aiutino concretamente le imprese e le famiglie a far fronte a questa situazione. Il nostro appello alle istituzioni e al governo è quello di un intervento immediato perché ogni ritardo potrebbe mettere a repentaglio posti di lavoro e addirittura la prosecuzione dell’attività di diverse nostre piccole e medie imprese».

Insomma, bisogna evitare che il made in Italy perda competitività in questo contesto. Anche perché il tutto si combina con l’aumento del 30-40% delle materie prime, sia acetato che metallo. «Listini in rialzo in maniera importante, che andranno a impattare sui bilanci e soprattutto sui margini delle aziende, perché non sarà certo possibile ribaltare questi aumenti sul costo finale al cliente. Dobbiamo infatti mantenere anche la competitività e i margini si assottiglieranno inevitabilmente».

Il rientro a casa

Non diminuisce, frattanto, il fenomeno del reshoring. «C’è tanta voglia di made in Italy che garantisce qualità, trasparenza, sostenibilità, prodotti certificati. È un trend in crescita e da apprezzare». Su Safilo, che incrementa gli utili ma chiede la cassa integrazione per i suoi dipendenti di Longarone, Vitaloni preferisce non commentare: «Ogni azienda ha le sue peculiarità e fa le sue valutazioni in un libero mercato», si limita ad affermare il presidente.

Mido torna a febbraio

Intanto Mido, la più grande fiera mondiale dell’occhialeria, torna nel periodo canonico di inizio anno, dal 4 al 6 febbraio. «La sua collocazione ideale», sottolinea Vitaloni, «per accelerare gli ordini e avere immediate ricadute di business per le nostre aziende. Sarà l’edizione numero 51, in presenza, capace di portare alla Fiera di Milano Rho espositori da 65 Paesi e visitatori da 120: senza dubbio una delle manifestazioni più globali che si svolgono in Italia. E il prossimo anno si annuncia il grande ritorno degli operatori e del pubblico asiatici, i più penalizzati fino ad ora negli spostamenti a causa della pandemia».