Nicolò morì a due anni per intossicazione da droga: il papà patteggia ed evita il carcere
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Il caso a Longarone nel 2022, pena di 24 mesi al padre del bambino per omicidio colposo e detenzione di stupefacente
Il piccolo Nicolò morì a due anni per intossicazione da hashish. Il padre Diego Feltrin ha patteggiato due anni per omicidio colposo, detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e morte come conseguenza del secondo reato, per la droga trovata in casa dai carabinieri e nello stomaco del bambino dal medico legale. Il 44enne di Longarone non ha precedenti e questo gli permette di avere la pena sospesa.
Ha consumato tutta la condizionale, ma non dovrà fare nemmeno un giorno di carcere per i fatti del 28 luglio 2022. Tanto meno il successivo affidamento in prova ai Servizi sociali. Non è mai stata applicata una misura nei suoi confronti e non ne scatterà alcuna, a cominciare dalla custodia cautelare in carcere.
L’omicidio è colposo, non volontario o preterintenzionale, ed evidentemente l’hashish non è stato somministrato volontariamente da Feltrin al figlio. Nicolò l’ha trovato incustodito nell’abitazione; di sicuro non aveva raccolto e messo in bocca del terriccio, al parco Città di Sydney di Codissago. Quel giorno padre e figlio non sono mai stati ai giardinetti. Fatte queste premesse, bisognerà leggere le motivazioni della sentenza di applicazione pena del giudice per le udienze preliminari Enrica Marson per capire meglio cosa abbia portato a una soluzione che potrebbe sembrare mite a chi non capisce di diritto penale. Ci vorrà del tempo, dopo che sono state necessarie due udienze, a porte chiuse, nell’auletta al terzo piano del palazzo di giustizia. Il difensore di fiducia dell’imputato, Massimiliano Xaiz, ha la consegna del silenzio e giovedì non doveva parlare con nessuno.
L’udienza di metà dicembre era servita a un «rinvio per patteggiamento» e l’accordo con la Procura della Repubblica è stato trovato a ventiquattro mesi. È stato il sostituto procuratore Simone Marcon a proporlo e Xaiz non poteva rifiutarlo. Il legale bellunese era pronto a chiedere un abbreviato sugli atti, che grazie allo sconto di un terzo previsto dal rito avrebbe potuto permettergli una pena magari leggermente superiore; ma dopo il rinvio di un mese fa non ci sarebbe stato più stato possibile chiederlo, una volta escluso il dibattimento in aula. Il difensore ha fatto fino in fondo gli interessi dell’imputato, pur essendo a sua volta un padre di famiglia e avendo vissuto con tangibile sofferenza tutta la fase delle indagini preliminari, fino all’avviso di garanzia dell’agosto 2023.
Giovedì Xaiz è arrivato in tribunale che mancavano pochi minuti alle 13.30 e, subito dopo, anche Marcon ha infilato il corridoio a due corsie, che porta all’aula B, quella in cui si celebrano le preliminari. Non erano previste costituzioni di parte civile, tanto meno in caso di patteggiamento. I genitori di Serena Doff, quindi i nonni materni del bimbo, avevano manifestato questa intenzione e si erano affidati all’avvocato feltrino Davide Fent, ma poi ci hanno ripensato. Non sarebbe stato per chiedere i danni al genero, ma per partecipare al processo e capire in prima persona le cause del decesso del nipotino, in un giorno d’estate che non potranno dimenticare. Non si erano mai esposti, invece, i nonni paterni. Non c’era Diego Feltrin, che comunque aveva accettato la soluzione della Procura.