«La mototerapia? Regala emozioni, relazioni uniche, fiducia e stimoli»
Ora è riconosciuta per legge, ma le polemiche non mancano. Alvaro Dal Farra racconta le esperienze con la disabilità
Nei giorni scorsi la Camera ha approvato la legge per il riconoscimento e la promozione della mototerapia e subito sono scoppiate le polemiche. «Non è scientificamente provata l’efficacia di questa pratica», sostengono i detrattori dell’iniziativa e in effetti non ci sono studi condotti con metodo scientifico che lo certifichino. Ma chi ha osservato gli effetti della mototerapia sulle persone con disabilità è convinto che i benefici ci siano eccome.
Alvaro Dal Farra, freestyler e imprenditore sportivo bellunese, si dedica a questa attività da circa 18 anni e proprio in questi giorni è impegnato ad Alleghe con gruppi di ragazzi che arrivano anche da molto lontano. «Tutto è iniziato quando abbiamo deciso di invitare dei ragazzi con disabilità ad assistere ai nostri allenamenti. Qualcuno ci ha detto: “bello vedervi saltare, ma io vorrei provare” e così ci siamo organizzati per farli salire in tutta sicurezza e permettere loro di sperimentare questo sport», racconta Dal Farra. «Se per terapia si intende assumere farmaci, questa non lo è, ma negli anni ho scoperto quanto benessere può offrire ai ragazzi e io lo faccio per questo. Chi li segue, i loro operatori, ci dicono che grazie a noi e alle esperienze che abbiamo vissuto insieme, molti sono riusciti a sbloccarsi, a superare le paure, ad avere fiducia negli altri. Secondo me questo significa stare bene, vivere meglio». Alvaro Dal Farra ha messo a disposizione i suoi talenti, ma con il tempo si è capito quanto le esperienze siano importanti e anche altri atleti di altre discipline hanno deciso di mettersi in gioco.
«La moto è sicuramente un’emozione molto forte, ma abbiamo esteso la proposta anche con il nuoto e il tennis e qualcuno, dalla singola esperienza, è passato alla pratica costante con tutto quello che implica. Anche chi ha avuto la fortuna di nascere senza disabilità ha bisogno di fare sport, avere relazioni, fare esperienze appaganti, altrimenti rischia di cadere in depressione. Quello che facciamo è dare l’opportunità alle persone con disabilità di trascorrere delle belle giornate, facendo qualcosa che sia stimolante».
In alcuni casi Alvaro Dal Farra e i colleghi assistono a qualcosa che a loro sembra magia: «Le persone con spettro autistico incontrano difficoltà specifiche, penso ad esempio all’avversione per il rumore e la confusione. Bene, noi spacchiamo questi schemi ed è pazzesco. Cercando di dare a situazioni potenzialmente critiche un lato divertente, i ragazzi superano questa difficoltà e riescono a divertirsi e a vivere a pieno quello che accade insieme a noi. Anche il rumore delle moto o la confusione di un rifugio di montagna pieno di gente. Certe cose bisogna viverle per capirle».
Oltre alla mototerapia, infatti, Dal Farra propone esperienze adatte alla montagna e in particolare le motoslitte e le snow bike elettriche: «Abbiamo iniziato nel 2020, poi ci siamo dovuti fermare per il Covid e ora siamo alla terza edizione. Più che una terapia la nostra volontà è quella di offrire giornate ricche di emozioni. I ragazzi si svegliano prestissimo, perché arrivano anche da lontano, fanno il viaggio in pullman fino ad Alleghe e poi noi li accogliamo con una merenda, li facciamo salire ai Piani di Pezzè con la cabinovia, mangiano in rifugio, poi fanno le attività con noi e prima di scendere si finisce a palle di neve. Per la maggior parte di loro sono tutte cose nuove: non hanno mai visto la neve, non sono mai saliti su una cabinovia e non sanno cos’è una motoslitta. L’emozione che provano si legge nei loro occhi ed è fantastica. Anche noi quando programmiamo una gita con gli amici siamo emozionati: questa è quella che qualcuno definisce inclusione, ma noi preferiamo chiamarla condivisione».
Dal Farra, infatti, confessa di divertirsi tantissimo insieme a questi gruppi di ragazzi e forse è anche questo il segreto che lo aiuta in uno degli aspetti più delicati: la paura. «Certo, inizialmente hanno paura, ma la cosa straordinaria è che si affidano totalmente a noi e la loro fiducia è così grande che riescono a superare la paura. Questa è una magia, un potere che abbiamo di sbloccare i ragazzi dalla paura e per qualcuno è la prima volta dopo anni di terapie. Lo abbiamo visto anche andando negli ospedali a trovare e a proporre la mototerapia ai bambini malati ed è bellissimo perché poi la magia ce la regalano loro legandosi a noi. Gli operatori e i genitori con il tempo ci restano vicini dimostrandoci un grande affetto e alla fine è questo che conta di più per noi: si instaura un rapporto vero fatto di sensazioni, abbracci, sorrisi, parole».