Angelika Hutter ha un vizio parziale di mente, ma può essere processata
Vizio parziale di mente, ma che non compromette la capacità d’intendere e volere. E capacità di testimoniare e stare a processo. L’incidente probatorio su Angelika Hutter ha confermato quello che avevano detto prima Tullio Franceschini, lo psichiatra incaricato dal giudice per le indagini preliminari Enrica Marson nell’immediatezza della strage di Santo Stefano di Cadore, poi anche Anna Palleschi, la consulente nominata dal pubblico ministero titolare del fascicolo Simone Marcon. Dai primi di gennaio in poi, un gruppo di specialisti ha fatto dei colloqui con l’indagata per il triplice omicidio stradale di Marco e Mattia Antoniello e Maria Grazia Zuin e ha depositato le conclusioni nel termine previsto dello scorso 12 marzo.
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Quel 6 luglio dello scorso anno la 33enne di Deggendorf era in uno stato di seminfermità mentale, che era stato certificato dal dottor Franceschini: un disagio, che non fonda con rilevante probabilità né la sussistenza di una patologia psichiatrica o di un disturbo della personalità tale da compromettere la capacità d’intendere e volere al momento del fatto né condizione di infermità mentale totale o parziale, al momento dell’applicazione della custodia cautelare, nel carcere femminile veneziano della Giudecca. La Procura ha poi incaricato la consulente, che si era occupata del caso di Benno Neumair, il bolzanino che ha ucciso i genitori e ne ha occultato il cadavere e Palleschi ha scritto che Hutter è capace d’intendere e volere, anche se questa sua capacità può essere fortemente diminuita e dev’essersi unita alla difficoltà nel gestire la rabbia, che l’ha portata a falciare due pedoni e un bambino sul passeggino a bordo della sua Audi A3 lanciata a 90 chilometri orari lungo via Udine, dopo un’inversione a U, all’altezza di una carrozzeria.
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Hutter è anche un soggetto «socialmente pericoloso» e questo lo si poteva desumere anche dall’episodio di qualche settimana prima, in un centro commerciale di Bolzano, dove aveva avuto un diverbio con un commesso e le era stato sequestrato un martello che teneva dentro lo zaino. Ai primi di gennaio, era ancora detenuta, quando ha aggredito prima le compagne di cella e poi anche gli agenti della Polizia penitenziaria intervenuti per cercare di riportare la calma. Per questo episodio, è stata sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio, all’ospedale civile di Venezia.
La donna non collabora e rifiuta le cure, ecco perché la Procura della Repubblica di Belluno ha chiesto al giudice tutelare la nomina di un amministratore di sostegno, che faccia i suoi interessi. E l’avvocato della difesa Giuseppe Triolo ha presentato la richiesta di arresti domiciliari in una struttura sanitaria, che comunque non sarebbe ancora stata individuata.
Ultima mossa della magistratura inquirente l’incidente probatorio, che aveva lo scopo di blindare i risultati delle perizie psichiatriche, nella fase delle indagini preliminari. Il gip del Tribunale di Belluno, Enrica Marson ha fissato un’udienza per venerdì, a mezzogiorno, nella quale sentirà tutti gli specialisti impegnati, nel corso di questi mesi. Tutti gli altri accertamenti sono già stati ultimati, dalla perizia sull’investimento, che ha escluso guasti meccanici all’esperimento giudiziale, che ha riprodotto a distanza di tempo il contesto del tragico incidente. Non manca più molto alla chiusura delle indagini e alla richiesta di rinvio a giudizio. L’ipotesi di reato è sempre quella di triplice omicidio stradale, ma quella definitiva sarà nel capo d’imputazione. Le famiglie Antoniello e Potente saranno parte civile con l’avvocato Alberto Berardi di Studio 3 A Valore.