Il Bellunese ha perso 575 negozi dal 2011

Sempre meno negozi e a chi vive in montagna non resta altro da fare che scendere a valle. Di chi è la colpa di questa continua emorragia nel commercio bellunese? L’inflazione – che ha portato all’aumento dei prezzi e al calo del potere d’acquisto delle famiglie – ha giocato sicuramente un ruolo fondamentale, ma sarebbe riduttivo pensare di risolvere il problema con questa spiegazione.

I numeri parlano chiaro

Le sedi di impresa attive nel commercio dal 2020 sono diminuite di 201 unità, con un calo del 6,8%, da imputare principalmente alla riduzione di 128 uniità (-7,4%) dei negozi al dettaglio. Una tendenza che trova conferma anche nei primi tre mesi del 2024, perché anche in questo breve periodo, in cui l’inflazione ha notevolmente rallentato, hanno chiuso 35 imprese attive del commercio (–1,3%); anche in questo caso la maggior parte nel settore del commercio al dettaglio (–24, –1,5%).

Nel valutare queste informazioni è necessario ricordare che in provincia la riduzione delle imprese attive commerciali e delle unità locali dipendenti è un fenomeno che ha caratterizzato gli ultimi 23 anni, nonostante un ventennio di inflazione quasi inesistente. Infatti, le imprese commerciali dal 2001 al 2023 sono diminuite di 1.016 unità, registrando un calo del 26,9%. Nel periodo 2011-2023 la riduzione è stata di 821 imprese pari a un calo del –22%. Il commercio al dettaglio ha subito una riduzione del 24,2%, perdendo qualcosa come 551 negozi (575 se consideriamo le 24 chiusure del primo trimestre 20024), il commercio all’ingrosso ha riportato una perdita di attività del 21% (215 unità), mentre le attività commerciali relative alla vendita di veicoli e alla loro riparazione ha subito una riduzione del 12% (55 unità).

Le unità locali delle imprese, che registrano anche le filiali delle imprese con sede fuori dalla nostra provincia, ha subito una contrazione ancora più pesante con la perdita di 139 unità pari al – 3, 3%.

È molto probabile che, in questa riduzione, più che l’inflazione abbiano pesato le dinamiche demografiche di riduzione della popolazione residente e l’accentramento dell’attività di vendita nell’ambito della grande distribuzione, che ha costretto le imprese commerciali di vendita al dettaglio a chiudere le proprie sedi periferiche in particolare nei comuni posti più in quota.

La grande distribuzione ha ridotto i margini di profitto per i dettaglianti. Il fenomeno è talmente rilevante che è diventato vantaggioso riprendere il commercio ambulante che in qualche misura sostituisce, anche se non in modo continuo, la presenza di punti vendita nei comuni in cui tutti i dettaglianti stabili hanno chiuso la propria attività.

Confcommercio: «Difendiamo le piccole attività»

«I negozi di montagna vanno difesi. Ma servono contributi veri, non briciole». Parole di Paolo Doglioni, che domani sarà confermato alla guida di Confcommercio Belluno. «Giovedì», sottolinea il presidente, «assieme all’assessore regionale Cestaro mi collegherò con il ministro Calderoli, al quale dirò che i punti vendita della montagna italiana hanno bisogno perlomeno di una sburocratizzazione chiara. Stiamo parlando, lo dico da anni, non di un sistema commerciale, ma sociale: se vogliamo che la montagna viva, devono esserci negozi e punti d’incontro».

La Legga della montagna – per Doglioni – è importante, ma non può bastare: «Dobbiamo capire che le risorse in gioco sono poca cosa rispetto alle reali esigenze. Parliamo di 100 milioni il primo anno, poi di 200 milioni di euro per tutta Italia. È solo un caffé se vogliamo pensare di rilanciare sanità, scuola, commercio e tecnologie».

Doglioni ha una soluzione pronta: «Chi di dovere deve pensare a velocizzare i metodi di assegnazione dei crediti di carbonio: il disegno di Francesco De Bettin è pensato proprio per dare la possibilità di trovare risorse che non costano niente allo Stato; sono le imprese che non hanno rispettato i limiti di inquinamento, a dover versare il denaro alla montagna».

Domani, come detto, Confcommercio rinnoverà il consiglio direttivo: «Da parte mia, continuerò a battermi a Roma affinché la montagna abbia le risorse indispensabili alla sua sopravvivenza. Ho capito che la coperta è corta, ma se vogliono che le terre alte vivano, servono soluzioni, a cominciare dai piccoli negozi, che sono punti vendita, di aggregazione ed erogatori di servizi per le zone in difficoltà, dove la popolazione invecchia e fatica a spostarsi».

Infine uno sguardo alla nuova squadra di Doglioni: «Ci sono tanti giovani che entrano e che sono disponibili. Vengono da ogni angolo della provincia: sono loro il futuro della nostra associazione».