Mantova, la memoria della Shoah rivissuta dagli studenti delle superiori
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rivissuta dagli studenti delle superiori](https://www.gedistatic.it/content/gnn/img/gazzettadimantova/2023/04/05/215112669-f0774fa1-233e-4a3a-8486-6a4d9dbff9dc.jpg)
Concerto del coro del liceo musicale D’Este in sinagoga per ricordare la deportazione ad Auschwitz di oltre cento ebrei mantovani il 5 aprile di 79 anni fa
La sinagoga piena di ragazzi e ragazze, mentre un coro giovanile accompagnato da chitarre esegue canti ebraici e invocazioni di pace e serenità. Un’immagine meravigliosa, quasi un sogno per Emanuele Colorni, presidente della comunità ebraica, sulla soglia della sinagoga, che sarebbe ancora piena di vita se il 5 aprile – come ieri – di 79 anni fa, i nazifascisti non avessero iniziato la deportazione. Del centinaio di ebrei caricati su un treno diretto ad Auschwitz tornarono in cinque. Ieri gli studenti delle superiori hanno conosciuto quei fatti grazie al percorso ideato da liceo musicale D’Este e conservatorio Campiani, con la regia di Giovanna Maresta e Andrea Ranzato. La mattinata è iniziata al binario 1, da cui partì il treno della morte. Poi la sinagoga e la Loggia del grano, in un alternarsi di letture di testi dei superstiti, e canti eseguiti da Rita Gelmetti, Elena Guereschi e dal coro del liceo musicale, diretto dal maestro Romano Adami, (in sinagoga Matteo Merlin e Tommaso Consoli alle chitarre).
I racconti hanno fatto rivivere la tragedia, ma anche la vita quotidiana di quegli ebrei mantovani, i cui nomi si sono ascoltati ieri nell’elenco letto, con gentile umanità, da Francesa Campogalliani. Sei, sette nomi e un solo cognome… Il pensiero va a una grande famiglia sterminata, dai nonni ai nipotini, come la bimba di quattro anni, la più piccola deportata. Francesca Campogalliani con il suo tono di voce, caldo e privo di retorica, riesce a dire l’indicibile, come nella messa in scena al Campiani di “Un sopravvissuto di Varsavia” di Schoenberg, che aprì il Giorno della Memoria, chiuso ieri. Così rievoca il racconto di Vittorio Jarè che, bambino, rincorse il treno su cui erano prigionieri nonni e zii. Poco prima avevamo sentito la storia di Ariodante, portato giù dalle scale dell’ospizio ebraico in braccio per finire sul treno e lasciare vuota la tomba che lo avrebbe accolto al cimitero ebraico. Alla Loggia del Grano, ai ragazzi viene raccontata la storia del ghetto, istituito nel 1610, dell’importanza che ebbero gli ebrei a Mantova, anche per la cultura, con il compositore Salomone Rossi, e le stamperie. Fino alla demolizione della parte in cui oggi sorgono Camera di commercio, Consorzio di bonifica, ex Banca d’Italia. Via Orefici ebrei diventò via Spagnoli.
Ultima tappa la visita al Memoriale della Shoah mantovana al liceo d’Este, con ricordi e testimonianze raccolti in anni di lavoro e che aspettano dal Comune una sede definitiva. Nella commemorazione non è mancato uno spunto polemico da parte del presidente del consiglio comunale Massimo Allegretti in un discorso ai ragazzi: le vittime delle Fosse Ardeatine non furono trucidati perché italiani, ma perché antifascisti o ebrei. Un riferimento al discorso del presidente del Senato La Russa e del suo tentativo di annacquare le responsabilità dei fascisti.