Mantova, medici e infermieri sempre più indifesi: «Le aggressioni sono in aumento»
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Un mese fa picchiato un medico mantovano a Bovolone. Il presidente dell’Ordine: «Manca il dialogo coi pazienti»
L’uccisione della psichiatra Barbara Capovani davanti all'ospedale Santa Chiara di Pisa è solo il più recente di una lunghissima sequenza di episodi violenti ai danni di medici e infermieri, che vanno dalle minacce a lesioni più o meno gravi. Un problema non solo italiano, tanto che l’Oms segnala che fra l'8% e il 38% degli operatori sanitari ha subito una forma di violenza fisica nel corso della carriera e che sono ancora più numerosi coloro che sono stati aggrediti verbalmente.
A correre i rischi maggiori sono gli infermieri e i professionisti che lavorano nei pronto soccorso. In queste ultime ore il dibattito si è infiammato, con i sindacati dei camici bianchi che chiedono più garanzie per i loro iscritti. Del resto il Mantovano non è esente da episodi violenti che hanno interessato medici e infermieri. L’ultimo in ordine di tempo poco più di un mese fa quando un medico di base mantovano che esercita a Bovolone, in provincia di Verona, è stato insultato e picchiato da un paziente, che poi l’ha gettato in strada. Il dottor Berhane Tesfai, 69 anni, iscritto all’Ordine dei medici di Mantova e passato con ambulatorio anche a Roverbella e a Barbasso, era stato aggredito da marito e moglie, suoi pazienti, che volevano essere ricevuti nonostante la loro non fosse un’urgenza.
Un quadro che descrive bene la realtà italiana, dove i dati dell'Inail indicano che le aggressioni al personale sanitario sono in tutto 1.600 l'anno, dagli ambulatori di psichiatria alle guardie notturne, con una media di poco più di quattro al giorno.
Stefano Bernardelli, presidente dell’Ordine dei medici di Mantova, non ha dubbi: «Negli ultimi anni le aggressioni sono aumentate. Domani mattina sarò a Roma al consiglio dell’Ordine e ne parleremo. Recentemente sono state inasprite le pene e il reato è diventato d’ufficio. Ma non basta, non si sono visti i risultati. Il problema è capire il perché di questa rabbia nei confronti di chi indossa il camice bianco. Il Covid non c’entra più, la gente è esasperata per la burocrazia, per le liste di attesa e la difficoltà di venire a contato con un medico. Certo la rabbia ci può stare, ma non l’aggressione fisica o verbale. E questo problema non lo risolviamo con la presenza della polizia negli ospedali, dobbiamo riprendere il contatto con i pazienti e parlare con loro. Ma mancano medici e infermieri e quindi torniamo al punto di partenza. Per migliorare i servizi nella sanità bisogna fare ancora tanto. E anche noi medici stiamo perdendo la pazienza...».