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IL Fatto Quotidiano
Май
2024

È morto Franco Di Mare, aveva un mesotelioma. Inviato di guerra, conduttore e dirigente Rai, in Bosnia adottò una neonata di 10 mesi: “La presi in braccio, iniziò una grande storia”

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È morto Franco Di Mare, aveva un mesotelioma. Inviato di guerra, conduttore e dirigente Rai, in Bosnia adottò una neonata di 10 mesi: “La presi in braccio, iniziò una grande storia”

Cinefilo, figlio di un sindacalista, abbandona l’alone romantico del mestiere e si immerge tra le bombe e le macerie della strada e della storia. E quella polvere che si è sedimentata nei polmoni di Di Mare torna a chiedere il conto tre anni fa con una fitta acutissima ai polmoni. Ed è da lì, nel 2021, che inizia il confronto sterile con la direzione della Rai

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Addio a Franco Di Mare. Il celebre conduttore tv, giornalista e inviato di guerra della Rai aveva 68 anni. A stroncarlo è stato un mesotelioma, un tumore estremamente aggressivo la cui comparsa Di Mare aveva recentemente collegato all’attività di inviato di guerra. “Il mesotelioma è causato dall’aver respirato le particelle di amianto presenti nell’aria, una malattia che può avere un’incubazione lunghissima, fino a 30 anni, e quando si manifesta è troppo tardi, non si guarisce”, aveva ricordato non più di quindici giorni fa in diretta a Che tempo che fa di Fabio Fazio, mostrandosi attaccato ad un respiratore.

Del resto, prima di diventare nel 2019 vicedirettore di Rai Uno, nel 2020 direttore generale del day time della Rai e dal 2020 al 2022 direttore di Rai Tre, e ancor prima di divenire uno dei volti più apprezzati e popolari nella conduzione dei programmi RAI (Unomattina, La vita in diretta, Leader femminile Singolare, Frontiere) , Di Mare era stato inviato di guerra per il TG2 sul fronte balcanico negli anni novanta, poi per il TG1 in Iraq e Afghanistan negli anni duemila. “Non sono stato più bravo di tanti colleghi che hanno perso la vita. Non sono stato più bravo di Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, Miran Hrovatin. Sono stato solo più fortunato. La paura lucida ti dà una chiave, può anche andare male”, aveva spiegato Di Mare in una lunga intervista a Il Foglio pochi giorni fa, riferendosi ai vent’anni di inviato sui fronti caldi di guerra dove a ogni angolo si rischiava la pelle.

E tra le bombe che cadevano sulla Bosnia che Di Mare respirò e assorbì quelle particelle di morte manifestatesi senza appello quasi 30 anni dopo; ma è sempre lì a Sarajevo che nell’estate del ’92 compì un gesto d’amore per la vita che a leggerlo oggi sembra il plot di un film. In visita piuttosto casuale ad un orfanotrofio, Di Mare si fermò davanti alla culla di una neonata di 10 mesi e volle adottarla. “Tra tanti bambini biondi ne notai una con i capelli scuri, era anche l’unica che sorrideva. Io la presi in braccio, lei mi si aggrappò al collo e quello fu l’inizio di una grande storia”.

Il giornalista portò così in Italia la neonata con l’aiuto della Croce Rossa e di Maria Pia Fanfani. Padre single a 37 anni, Di Mare ha ricordato spesso quel viaggio in auto sull’Autostrada del Sole verso Napoli, da sua madre, con la piccolina nella culla sul sedile di fianco, e lui che tenta di indovinare a quale richiesta corrisponde ogni piantino della bimba. “Non sono stato io a salvare lei, ma lei a salvare me”. A Di Mare nel crescere Stella, che oggi è una 32enne laureata in Economia e amante di Dante, si affiancò Alessandra, quella che divenne a metà anni novanta sua moglie e che rimase con lui fino alla separazione nel 2012. C’è comunque un altro giro di roulette in quella strana storia che è la vita. Perché Di Mare in quell’estate del ’92 stava tornando a casa con Stella e avrebbe dovuto partecipare a un nuovo programma per Rai2 intitolato Lezioni di mafia che il direttore del TG2 LaVolpe aveva ideato lavorando con Giovanni Falcone. Mentre Di Mare è sull’aereo accade la strage di Capaci. Il destino dà e il destino toglie. Alla Rai il napoletano Di Mare ci finisce quasi per caso.

Amava la carta stampata ma l’allora direttore de l’Unità, Renzo Foa, rifiutò un suo pezzo. È il 1991, Di Mare lavorava al quotidiano del Partito Comunista da una decina d’anni. L’articolo rifiutato era un’intervista all’ex leader bulgaro Todor Zhivkov sull’attentato al Papa e in mezzo c’era pure Andreotti. Esce da via dei Due Macelli, incontra per caso Lorenza Foschini e arriva il TG2 e ancora per caso il lavoro da inviato di guerra. Gli echi delle letture hemingwayane di gioventù si stemperano subito con la sanguinosa realtà: “poi la vedi davvero la guerra, nel suo sterco, fuori da ogni romanticismo”. Nemmeno il giubbotto antiproiettile per il giovane Di Mare che parte così, probabilmente senza nemmeno pensarci troppo.

Cinefilo, figlio di un sindacalista, abbandona l’alone romantico del mestiere e si immerge tra le bombe e le macerie della strada e della storia. E quella polvere che si è sedimentata nei polmoni di Di Mare torna a chiedere il conto tre anni fa con una fitta acutissima ai polmoni. Ed è da lì, nel 2021, che inizia il confronto sterile con la direzione della Rai. Di Mare incontra l’amministratore delegato dell’epoca, lui firma storica del giornalismo, nonché celebrità del piccolo schermo targato viale Mazzini. Eppure di fronte a lui c’è solo un muro di gomma. “La cosa più dolorosa per me sono state le parole scritte in un messaggio whatsapp nel maggio del 2021, messaggio in cui l’allora ad, rispondendo alla mia ennesima richiesta di un incontro, dopo altri messaggi caduti nel nulla – questione di umanità, dicevo, vista la mia malattia – scriveva: ‘Non accetto lezioni di umanità da te’”, spiegava al Foglio, Di Mare. “Da me?!? Da me che da trent’anni lavoravo in Rai, dimostrando di voler bene all’azienda. Da me che chiedevo un colloquio per capire come muoverci, vista la mia diagnosi, visto il vuoto normativo, visto che non esistevano precedenti di casi simili. Niente: tre anni di silenzio, sotto vari ad, fino a oggi. Mi sono sentito trattato come un fastidioso questuante”. Franco Di Mare lascia la figlia Stella, le care sorelle, la compagna da otto anni Giulia Berdini.

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