Dal Cotonificio Udinese a D’Aronco e Valle: la tesi di laurea che accende il riflettore sui talenti del design regionale
UDINE. «Il Friuli Venezia Giulia, di cui finora non si è mai affrontato uno studio regionalistico, si è invece particolarmente distinto negli scenari del design nazionale e internazionale, rappresentando all’interno del Made in Italy uno specifico friulano, tanto nelle produzioni locali riconosciute per la loro eccellenza in termini di qualità, quanto nella comunicazione visiva e nelle produzioni hand made».
Basterebbero la premessa e la rassegna dei nomi, uno più illustre e rappresentativo dell’altro, presenti nell’indice che segue a invogliare alla lettura. E invece, la tesi magistrale di Federica Cirillo, professoressa di grafica e comunicazione all’istituto tecnico per geometri Marinoni, merita attenzione anche per le osservazioni dedicate con altrettanta cura alle carenze che una regione così fiorente sconta. Non soltanto una panoramica volta a promuoverne le peculiarità, quindi, ma un’analisi obiettiva dei suoi punti di forza, così come degli aspetti che ne hanno penalizzato lo sviluppo.
Premiata con 110 con lode e menzione alla carriera, la professoressa Cirillo completa così, con quello che lei stessa definisce «un inedito viaggio dalla rivoluzione industriale a oggi», il percorso di studi avviato all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, dove ha frequentato il Dipartimento di Architettura e disegno industriale di Aversa. A monte, il diploma tecnico in grafica e comunicazione che le aveva permesso già di ottenere una cattedra a Udine, dove vive ormai da quattro anni, e, a seguire, la triennale e poi la magistrale in Design per l’innovazione.
“Friuli Venezia Giulia. Per una storia del design regionale. Memorie ed espressioni di un altro Made in Italy”: così si intitola il lavoro, realizzato con l’assistenza della sua relatrice, la professoressa Francesca Castanò, e articolato in dodici capitoli.
Si comincia dal Cotonificio Udinese del “Cormor”, si passa attraverso l’Esposizione industriale del 1883, quella regionale del 1903 e quella degli artisti friulani del 1913, e ci si sofferma poi sulla figura e le opere dei personaggi e delle aziende che hanno contribuito a esportare il nome del Fvg nel mondo: da Raimondo D’Aronco alla Calligaris, dai rappresentanti dell’arte della pubblicità, a quelli della comunicazione visiva, dalla parabola creativa di Luisa Morassi e Neera Gatti, la precisione e innovazione della Solari, i guizzi di Gino Valle e Massimo Vignelli e la svolta nel design internazionale con l’azienda Moroso, alla potenza della pietra friulana, dal mosaico di Spilimbergo alle ceramiche friulane e Pezzetta, per concludere con gli esempi al femminile di Paola Paronetto, Elisa Giovannoni e Cristina Celestino e con le espressioni contemporanee dell’hand made di Artiera e Udine e Gorizia Fiere.
«Il design regionale può essere un modo per preservare e promuovere l’identità culturale di una regione, oltre a stimolare l’innovazione e la creatività locale, tenendo conto delle influenze culturali, storiche, geografiche e sociali di una specifica area geografica», afferma Cirillo. Eppure, dall’indagine emerge anche la mancanza di programmi universitari dedicati al design all’interno della regione stessa.
«Questa carenza – osserva – ha spinto molti talentuosi designer friulani a cercare formazione al di fuori della regione. Mossi dalla loro passione e dalla volontà di perseguire una carriera di successo, sono stati costretti a cercare opportunità formative altrove».
Ma se questo, va da sé, ha comportato una dispersione di risorse e talenti, ha anche generato «una diversificazione delle esperienze e delle influenze dei designer friulani – così ancora Cirillo –, con conseguente arricchimento del loro bagaglio culturale e creativo e una maggiore versatilità e innovazione nel lavoro». Una sfida, quindi, ma anche un’opportunità e un incentivo a promuovere proprio “in casa” lo sviluppo del design locale.