Pordenone, fuga e scontro sul ring dopo il furto: tradito dal Dna, la polizia lo arresta

PORDENONE. A incastrarlo è stato il dna, rinvenuto su un berretto dimenticato a bordo dell’Alfa Romeo Giulietta a bordo della quale la banda di albanesi in fuga dopo un furto di gioielli in una villa in via San Donà di Piave ha speronato la volante della polizia che la tallonava e poi ha imboccato contromano viale Dante, scontrandosi con due auto, intorno alle 19, il 2 dicembre 2022.

Gabriel Vata, 30 anni, è stato raggiunto in carcere a Vicenza il 7 gennaio da un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Monica Biasutti su richiesta del pm Marco Faion per le ipotesi di resistenza rapina e furto aggravati. La sera del 2 dicembre era riuscito a scappare, con altri complici, mentre il connazionale Segi Gega, 26 anni, era stato arrestato in flagranza.

All’una di notte del 3 dicembre in viale Grigoletti due componenti della banda sono stati intercettati dalla volante a bordo di una Opel Agila rubata, non si sono fermati all’alt e si sono schiantati contro un muro. Sono scappati e hanno poi rubato una Mustang a un cittadino americano, ritrovata poi a Segrate.

A eseguire l’ordinanza la squadra mobile di Pordenone, che guidata dal vicequestore aggiunto Andrea Rosato è riuscita a individuare, attraverso un’articolata attività di indagine, tutti i componenti del sodalizio criminoso, di nazionalità albanese e senza fissa dimora.

Gli inquirenti hanno ricostruito che la banda era dedita alla commissione di furti in abitazione nel centro-nord Italia. Per non farsi scoprire usavano sim telefoniche intestate a prestanome o persone inesistenti, comunicavano tramite walkie talkie durante i furti, per non agganciare le celle telefoniche e usavano alias o davano altre generalità ai controlli.

Gli investigatori della squadra mobile sono partiti da una schedina portasim, rinvenuta nelle tasche di Gega, per risalire alle utenze telefoniche utilizzate dalla banda.

Uno degli indagati, che dava loro ospitalità fra Vicenza e Milano, è stato perquisito a Malpensa, dove si stava imbarcando. L’analisi informatica del suo cellulare ha consentito di raccogliere ulteriori elementi probatori.

Sono emersi scambi di messaggi in cui gli autori commentavano i colpi commessi o individuavano i nuovi obiettivi da colpire ovvero dove «far raso», che in gergo albanese significa far razzia. Da qui il nome dell’operazione della squadra mobile, “Raso”.

Si è capito che il gruppo si spostava spesso a Barcellona, in Spagna. Per ritornare in madrepatria, non usavano voli diretti, ma raggiungevano prima la Spagna o l’Ungheria, facendo così ingresso nell’area Schengen e da lì raggiungevano l’Albania.

Proprio a Barcellona è stato catturato lo scorso ottobre Zef Bane, su mandato d’arresto europeo, pedinando sua moglie dall’aeroporto al luogo dell’appuntamento. Zef aveva dimenticato sulla Opel Agila un marsupio con un documento di identità, in cui però aveva un altro cognome. La squadra mobile ha richiesto la collaborazione del servizio di cooperazione internazionale di polizia per risalire alla sua identità.

A bordo dell’Alfa Romeo Giulietta sono stati rinvenuti due berretti, guanti, torce e altro materiale. La scientifica ha repertato i profili genetici. Mancava però una comparazione: gli autori infatti non erano stati fotosegnalati.

L’occasione si è presentata quando il 30 novembre dell’anno scorso a Villaverla Vata è stato arrestato dai carabinieri di Valdagno per resistenza a pubblico ufficiale. Mentre identificavano gli occupanti di un’auto, segnalata in relazione a furti in abitazione, ha tentato di colpire più volte con un cacciavite i militari.

Il pm Faion ha delegato la scientifica di Milano all’estrapolazione del profilo genetico di Vata, risultato compatibile con il Dna rinvenuto sul berretto. A quel punto il gip Biasutti ha emesso l’ordinanza, condividendo gli elementi probatori raccolti a carico dell’indagato.

Ieri Vata, che ha nominato di fiducia l’avvocato Stefania Pattarello, si è avvalso della facoltà di non rispondere all’interrogatorio di garanzia. La difesa si riserva di valutare un’istanza al riesame.