Viaggio in una Terra essiccata: dove comanda il più forte
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foto da Quotidiani locali
Certo a volte è difficile immaginare che ne sarà di noi tra cinquanta, cento anni. Quali le conseguenze di un mondo che non risparmia nessuno, dalla Terra agli esseri umani? Il titolo, Il pozzo vale più del tempo (Marsilio, 256 pagine, 18 euro) dell’autrice veneta Ginevra Lamberti, possiamo declinarlo a una chiara metafora, anche se ne contiene altre, ovvero che l’acqua vale più di qualsiasi altra cosa.
E infatti siamo in una Terra dall’età incerta, comunque sia una Terra del futuro, quando oramai il clima ha raggiunto un apice irreversibile, d’estate si aggira vicino ai 60 gradi, l’inverno è più respirabile.
L’uomo sopravvive, a stento ma ce la fa, naturalmente si parla di città invivibili, dove solo nel primo cerchio, lì dove stanno i ricchi, la vita scorre con una certa “normalità”. Il resto, ciò che c’è fuori da quei confini, è più o meno a loro disposizione, compresi i postriboli in cui le giovani donne si prostituiscono per avere almeno un riparo. Ma delle città veniamo a sapere quanto basta per capire come la società si è organizzata.
La vera storia ha davanti un territorio preciso, quello di Valle Oscura, che ci immaginiamo tra le valli e le montagne del Veneto. Venezia non esiste più, si è essiccata, esistono però comunità di persone che sperano di trovare un mondo migliore nei villaggi montani, villaggi che erano stati abbandonati e che ora si ripopolano.
Le regole sono cambiate, com’è cambiata la società, non esistono Comuni, sindaci, istituzioni varie. Tutto pare pacifico, ma anche regolato dalla legge del più forte, chi è più ricco comanda, anche in mezzo alla foresta. L’unica risorsa? I pozzi che talvolta riversano all’esterno qualche rigagnolo liquido. Le bestie sono poche, gli orti pure, a meno che non si proceda con singolari sperimentazioni per far coincidere la vita delle piante con il riscaldamento della terra.
Chi ci conduce dentro questa realtà è Dalia. Seguiamo Dalia dalla sua infanzia – in una sorta di ospedale improvvisato sulla pedemontana – alla sua crescita grazie a Fioranna, una vecchia maestra che ne sa più degli uomini e si prende l’onere di educare la bambina abbandonata. Il tempo per Lamberti scorre come vuole, ma non perde mai la linea.
Dalia sa fare due cose: sa raccontare storie e sa prendersi cura dei morti, in un mondo in cui qualsiasi rito è saltato, comprese le religioni. Di carne al fuoco ce n’è parecchia ad iniziare dagli stravaganti profili umani (mai gratuiti, tutti con una preciso mestiere e una funzione) e soprattutto dalla rapida scomparsa di diciotto bambini.
E qui Lamberti sa tingere il distopico di giallo, lo fa perfettamente, così che il romanzo è una continua scoperta di mondi nuovi e misteri. Non retrocede, Lamberti, e non concede nulla alla consolazione, ci dice le cose come stanno nel loro orrore, quello dell’uomo che sfrutta l’uomo, tra Matrix e McCarthy, quando insomma l’unica risorsa rimasta è proprio l’umanità.
Insomma quella che si legge è una collettività arcaica ma con tutte le abilità acquisite della storia dello sfruttamento e soggetti più deboli – vecchi, donne, bambini e non solo – sono sempre le vittime preferenziali, perché «gli adulti pensano sempre che i bambini siano delle piante, e da che mondo è mondo gli esseri umani sono con¬vinti che le piante non ci sentano».
In una terra così, dove l’acqua non c’è e se c’è trionfa con il “boscare” (un italianizzazione fittizia tratta dal dialetto veneto), un mondo dove si supera qualsiasi limite, l’amicizia acquista un valore assoluto, messo in atto da Dalia ma soprattutto da Orsola, uno dei migliori personaggi, un connubio tra ironia e tenerezza.
Un romanzo corale, articolato ma chiaro, dove c’è la storia, anzi, le storie (molte tratte dal folklore, come quella del veneziano Biagio Cargnio, nella cui bottega furono rinvenuti bambini macellati), trame che ci restituiscono i corsi e ricorsi storici del male, sempre esistito a prescindere dalle epoche, detto con una voce personalissima. Da leggere assolutamente.