La storia di Marcello, inviato in Russia: le cartoline del 1942 raccontano la vita al fronte

SEDEGLIANO. «Sempre ricordandovi, sto bene». Queste erano le prime parole scritte su una cartolina in franchigia spedita dal fronte russo nel novembre 1942 dal disperso Marcello Cignolini appartenente all’artiglieria alpina “Julia” gruppo “Udine” 18ª Batteria, numero 202, al papà Giuseppe di San Lorenzo di Sedegliano. Ne è seguita un’altra indirizzata alla mamma Maria e alla sorella Emilia e un’altra ancora all’altra sorella Marcellina.

Cartoline che da oggi arricchiscono la raccolta del museo di Cargnacco assieme ad altre inviate dal fronte greco della seconda guerra mondiale. La donazione è avvenuta tramite l’ex consigliere comunale e alpino Valerio Zoratto che aveva in custodia le cartoline date dalla famiglia del militare. Le stesse sono state donate al museo per volontà della sorella Emilia e del nipote Romano Pitis.

Marcello Cignolini, classe 1920, nonostante la situazione difficile in cui stava vivendo aveva spedito dal fronte russo alla mamma Maria e alla sorella Emilia, oggi quasi centenaria, poche parole per rassicurare la famiglia sulla sua salute. «Anche lui – afferma il direttore del museo della campagna di Russia di Cargnacco Guido Aviani Fulvio – come tutti i soldati non scriveva la verità per non fare preoccupare la famiglia. Fino a metà dicembre 1942 la situazione sul fronte del Don era calma davanti agli italiani. In seguito i sovietici attaccarono il settore delle fanterie Italiane costringendole a una disastrosa ritirata verso ovest.

Mentre gli alpini della Julia rimasero per un altro mese schierati sul Don dove si spostarono di alcune decine di chilometri per creare un fronte per proteggere il Corpo d’Armata alpino. Gli artiglieri del gruppo “Udine” – racconta il direttore, come da testimonianza del reduce Luigi Pittaro – concorsero assieme ai fratelli dei battaglioni alpini a fermare gli attacchi sovietici sulle colline del fiume Kalitva. La tragedia del gruppo Udine si consumò durante la ritirata, iniziata tra il 17 e 18 gennaio 1943 durante la quale la gran parte degli artiglieri del gruppo Udine fu uccisa o catturata durante il ripiegamento, in particolare tra le giornate del 19 e 21 gennaio, quando la colonna del gruppo Udine fu distrutta presso le località di Kopanki e Lessniscanski.

Solo poco più di 200 artiglieri riuscirono fortunosamente ad accodarsi sulla scia della divisione alpina tridentina e uscirono dalla sacca a Nikolavjewka dopo la battaglia del 26 gennaio 1943, 81 anni fa. I circa 800 artiglieri alpini di cui l’80% di loro erano friulani o vicentini, caddero durante la ritirata ma la maggior parte morì in prigionia di fame, malattie e stenti e solo pochi fortunati, uno su 10, rientrò a casa dopo indicibili sofferenze alla fine del 1945. Il 50% dei soldati italiani in Russia aveva tra i 20 e 22 anni, l’altra metà era richiamata dalle classi 1910 compreso fino al 1920». Il direttore Aviani mette in rilievo il fatto che gli artiglieri alpini venissero scelti tra i ragazzi più alti e robusti perché il loro compito principale era quello di caricare gli obici, le munizioni e quant’altro