Gemona, l’abbraccio alpino al suo battaglione: la fanfara, la sfilata e la grande festa
GEMONA. «Gemona ringrazia e non dimentica». Parole tatuate indelebilmente nella memoria dei gemonesi che sono risuonate ancora una volta in città per il decimo raduno degli ex appartenenti al glorioso battaglione alpino che prende il nome dal centro pedemontano.
A pronunciarle, davanti a un migliaio di penne nere, in armi e in congedo, è stato il presidente della sezione Ana di Gemona, Ivo Del Negro, per rendere ancora una volta omaggio all’indimenticabile presidente dell’Ana nel 1976, Franco Bertagnolli, alla cui intuizione si devono gli 11 cantieri di lavoro che diedero materialmente il via alla ricostruzione del Friuli post sisma.
In città sono arrivati alpini da tutta la regione, tanti anche dal vicino Veneto grazie al treno storico partito la mattina presto da Treviso. Una folla che si è ritrovata in stazione per poi spostarsi prima in piazza Bertagnolli, poi, sfilando in corteo, sulla piazza d’armi della caserma Goi Pantanali. Unita dal filo sottile ma infrangibile della memoria. Del ricordo degli alpini del glorioso battaglione Gemona, di quello delle penne nere che diedero gambe alla ricostruzione post terremoto e ancora dei 29 artiglieri, genieri e alpini deceduti il 6 maggio del ’76 sotto le macerie delle caserma.
Precedute dalla fanfara della brigata alpina Julia, le penne nere si sono dapprima riunite in piazza Bertagnolli per la posa, da parte delle autorità civili e militari, di una corona d’alloro dinnanzi al monumento che ricorda il presidente Ana. «Bertagnolli intuì subito la gravità di quello che era accaduto in Friuli e diede vita a 11 cantieri di lavoro che in due anni videro 15mila alpini, provenienti da tutto il centro nord del Paese, venire ad aiutare i fratelli friulani, lavorando tanto, in particolare nei luoghi più disagiati. Gemona – ha concluso Del Negro – non smetterà mai di ringraziare e ricordare quanto hanno fatto».
Dalla stazione, diviso in tre blocchi, si è formato un lungo serpentone che ha attraversato la città diretto in caserma. A guidarlo, la fanfara della Julia seguita dalla bandiera del Comune di Osoppo, medaglia d’oro al valor militare, quindi dai gonfaloni dei Comuni di Gemona e della pedemontana. A seguire le autorità, il sindaco della città, Roberto Revelant, accompagnato da diversi tra primi cittadini e assessori della zona, l’europarlamentare Elena Lizzi, l’assessore regionale alle Finanze, Barbara Zilli, il consigliere nazionale dell’Ana, Andrea Sgobbi, e il comandante dell’8° reggimento, colonnello Lorenzo Rivi, tra gli altri.
Subito dopo i vessilli e i labari delle associazioni alpine, a partire dal sodalizio Mai Daûr, i gagliardetti dei gruppi, i cappelli alpini portati dai parenti delle penne nere “andate avanti”, le drappelle restaurate delle compagnie del battaglion Gemona, e ancora le divise storiche di Bassano e delle Fiamme verdi. Senza dimenticare i tanti cittadini che si sono accodati alla sfilata per abbracciare le amate penne nere.
Alla caserma Goi-Pantanali, dopo l’alzabandiera, è stato il momento dell’omaggio ai caduti del 6 maggio 1976, quindi dello scoprimento, a opera del comandante dell’8° reggimento, del cippo dell’area addestrativa intitolato alla medaglia d’oro al valor militare, sergente Alberto Goi, morto da eroe in una cruenta azione sul fronte russo il 16 gennaio 1943. «Noi alpini dell’8° – ha garantito Rivi – continueremo ad addestrarci in questo luogo, a prepararci per assolvere al meglio e con onore tutti i compiti che ci verranno assegnati, come fece il sergente Goi e come ha fatto il battaglion Gemona, con sacrificio e spirito di corpo».
Pur sciolto nel 2005, del battaglione si tramandano lo spirito, le memorie, le tradizioni e l’eroismo: «Continueranno – ha detto con convinzione il presidente dell’associazione Mai Daûr, Daniele Furlanetto – ad ispirare la 69esima compagnia dell’8° reggimento». Non di meno faranno i tanti cittadini che ieri si sono stretti intorno agli ex del battaglion Gemona. «Perché voi alpini – ha detto il sindaco Revelant facendosi portavoce di un radicato sentire comune – lasciate i fatti». Guardando avanti. «Mai Daûr» per dirla con il motto del glorioso battaglione sul cui senso, per le nuove generazioni, si è interrogata l’assessore Zilli: «Credo che Mai Daûr significhi oggi che ognuno deve essere capace e pronto a fare la propria parte, senza paura».