Il cuore spaventa e il cuore tradisce: Evan e Mattia, due ragazzi in campo dal destino diverso
foto da Quotidiani locali
Quando Evan Ndicka si è accasciato, al Friuli Bluenergy Stadium, e Udinese-Roma è stata sospesa, Mattia Giani la sua, di partita, l'aveva conclusa da qualche ora. Non c'erano migliaia di spettatori sugli spalti, in Toscana, né fotografi a immortalare ogni istante. Non c'erano telecamere di diversi Paesi collegati, né dirette online sull'evento.
C'erano, però, gli stessi occhi preoccupati. Gli sguardi attoniti. Il fiato sospeso. A Castelfiorentino come ai Rizzi. Solo in contesti e proporzioni numeriche differenti. Perché quando si tratta di una vita non conta la maglia, né la categoria. Quando sul campo si pratica un massaggio cardiaco il pallone diventa un ricordo.
Evan ha iniziato a giocare a 7 anni a Parigi. Ultimo di cinque figli, talentuoso in difesa e cresciuto nelle giovanili dell'Auxerre, ha conosciuto la Bundesliga, a Francoforte, prima del trasferimento nella città eterna.
Mattia, invece, giocava più avanti. Maglia numero 7, caratteristiche da 9, aveva appena tirato in porta, prima di indietreggiare verso il centro del campo negli ultimi tre passi della sua esistenza terrena. Con l'Empoli under 15 era diventato campione d'Italia, prima che congiunture diverse da quelle del difensore della Roma lo portassero a proseguire la carriera nelle serie minori, in Eccellenza.
Il cuore. Quello che ha accomunato Evan e Mattia sin da bimbi, con la passione per il calcio.
Il cuore. Quello che ha spaventato Evan e ha tradito Mattia.
Il cuore. Quello che è sobbalzato nel petto a chi guardava, speranzoso e impotente.
E ancora il cuore. Quello dei compagni della Roma seduti, in ansia, fuori dall'ospedale; di personalità e tifosi comuni in un mondo, là fuori, senza più nemici e campanili. Un cuore unico, che ha battuto all'unisono per il lieto fine, per quella foto del difensore della Roma, pugno alzato e muscoli in vista, a comunicarci, senza che servissero parole, che la tempesta era passata.
Ma non per tutti.
Non si era ancora diffusa la notizia di Mattia in lotta fra la vita e la morte. Mattia che ha combattuto fino alla mattina dopo, attaccato alle macchine come al suo sogno di bambino. Due ragazzi in campo nello stesso giorno, due strette al petto, due destini opposti.
E mentre la luce dei riflettori saluta la seconda vita del difensore della Roma, a Castelfiorentino si piange un giovane di 26 anni buono e generoso, che abbiamo imparato a conoscere, paradossalmente, al momento del commiato.
Ci saranno accertamenti medici e giudiziari, perizie, ci sarà comunicata la verità, su quanto effettivamente accaduto a Udine e a Castelfiorentino. Se qualcuno ha sbagliato pagherà.
A noi restano quei sorrisi. Di un ventiquattrenne che rinasce e di quello che avrebbe potuto essere un fratello maggiore in una foto già d'archivio. In una domenica iniziata come una festa di sport e che nel giro di qualche ora ci ha ricordato quant'è prezioso il dono della vita. A noi tutelarlo, nelle sedi opportune, e fargli onore dando valore al tempo
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