Manfredonia: «Io ho capito nel 1989 che la vita di un giocatore può cambiare o cessare nel giro di un secondo»
UDINE. «Il malore di Ndicka, così come le morti di Astori e di Morosini, ci ricordano che il giocatore va sempre visto come un uomo la cui vita può cambiare o cessare di esistere in un secondo».
È questo il monito di Lionello Manfredonia dopo il malore occorso domenica al giovane difensore della Roma. Un episodio che ha lasciato col fiato sospeso lo stadio e che ha riportato alla memoria la tragedia sfiorata dall’ex centrocampista giallorosso scampato alla morte sul campo nel 1989, quando solo la prontezza dei soccorsi e l’uso del defibrillatore salvarono Manfredonia dall’arresto cardiaco di cui rimase vittima dopo appena cinque minuti di un Bologna-Roma per lui indimenticabile.
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Manfredonia, è scontato chiederle cosa ha provato alla notizia del malore di Ndicka.
«Mi ha informato mia figlia che è romanista e che era allo stadio Friuli. Sono stati minuti di grande apprensione e di preoccupazione collettiva dove il pubblico di Udine ha dimostrato grandi valori rispettando il silenzio chiesto dai medici intervenuti in campo».
Per fortuna non si è trattato di un infarto…
«Vero, ma aggiungo anche che bisogna essere fortunati nella sfortuna. Io a Bologna ebbi un arresto cardiaco, persi i sensi, ero quasi morto e fui salvato dai soccorsi tempestivi e dall’uso del defibrillatore che lì era in dotazione al Dall’Ara. Domenica Ndicka ha avuto la possibilità di fare un ecocardiogramma immediato, ricevendo tutte le cure del caso».
Qual è il consiglio che si sentirebbe di dare al giovane difensore della Roma?
«Di reagire subito. Spero e credo che nel suo caso la carriera non sia a rischio, mentre io dovetti smettere a 32 anni e nel pieno della maturità, con ancora quattro anni davanti a me. Non mi venne data l’idoneità, in Italia poi siamo particolarmente attenti e rigidi, ma il mio è stato un problema ben più grave. Per questo credo che Ndicka tornerà a giocare, anche se non sono un medico e non posso predire il futuro».
Manfredonia, qual è l’insegnamento da non lasciarsi sfuggire?
«Professionista o dilettante che sia, non c’è differenza. Un calciatore è sempre un uomo come un altro e la sua vita può cambiare o cessare in un secondo. Io ringrazio il Padreterno ogni giorno di poter ancora raccontare quello che mi è successo».
Manfredonia, la Roma a Udine aveva trovato il pareggio prima della sospensione. Si ripartirà dall’1-1 per i 19 minuti finali.
«Ho visto poi la partita in differita e ho notato che la Roma aveva cambiato pelle rispetto al primo tempo con l’ingresso di un Dybala a cui De Rossi ha cambiato la testa. E non è l’unico, perché anche altri giocatori come Pellegrini sono migliorati rispetto alla precedente gestione».
Crede che l’Udinese arriverà all’agognata salvezza?
«Sì, perché ha dei giocatori forti, anche se sono pochi italiani. La squadra ha una rosa importante e da quanto ho visto ha un grande supporto. Il tifo dell’Udinese è sempre stato correttissimo e anche in occasione del malore di Ndicka ha dimostrato di avere dei valori importanti». —
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