Eiko Ishibashi, quando la musica è da Oscar: al Far East Film Festival il concerto della polistrumentista giapponese
foto da Quotidiani locali
UDINE. I non cultori dell’arte d’Oriente, probabilmente, avranno delle difficoltà a individuare nel loro data base dello spettacolo la musicista Eiko Ishibashi. Avvertimento ai naviganti: stiamo veleggiando in una nicchia di note, sebbene la quarantanovenne Eiko from Mobara (Giappone) non sia affatto una sconosciuta, avendo firmato — tanto per dirne una e partendo dall’alto — la colonna sonora di “Drive my car” di Ryūsuke Hamaguchi, premio Oscar 2021 al miglior film straniero e distribuito dalla friulana Tucker.
A parte Morricone, Piovani a ben pochi altri, i compositori, così come gli sceneggiatori, occupano le retrovie dei rulli di fine pellicola, proprio nel momento in cui lo spettatore raccoglie la propria mercanzia e si avvia verso l’uscita.
Come direbbe la Raffa nel suo miglior “Carramba!”: «stasera la Eiko Ishibashi sarà qui!!». Qui, alle ore 19, sul palco del Giovanni da Udine per un concerto cinematografico piuttosto atipico per il Far East che se di musica si è occupato durante la sua lunghissima carriera l’ha fatto sparando watt nelle disco notturne ai margini del cartellone filmico. Stavolta sarà un movimentato stacco dalla liturgia della celluloide.
In questo ventiseiesimo Feff — che si concluderà il 2 maggio con la discesa terrena del dio pagano Zhang Yimou (affrettatevi per i biglietti, stanno volando via) — l’evento di domenica 28 aprile che s’intitola “Gift” rappresenta un unicum delle giornale fareastiane. “Gift”, in realtà, è un film muto scritto appositamente per Eiko da Hamaguchi e la colonna sonora sarà live, alla maniera dei pianisti in frac che musicavano le slapstick (che significa comicità vertiginosa) degli eroi degli anni Venti. Con un netto aggiornamento strumentale il risultato sarà identico.
Come si dice? Da cosa nasce cosa e così “Gift” è diventato un film: “Evil does not exist” (Il male non esiste, 2003), la mano del regista è la stessa, la distribuzione è una joint venture fra la Teodora e la nostra Tucker e un Leone d’argento è finito in bacheca.
Oddio, va detto che il cineasta nipponico è un bulimico collezionista di trofei: nella teca in salotto, oltre alla statuetta d’oro più ambita dell’universo mondo e al Leone appena citato, convivono un Orso d’argento per “Il gioco del destino e della fantasia” e un Prix conquistato sulla Croisette di Cannes. Non affatto male per uno del 1978.
Giusto per conoscenza e semmai il destino vi farà incontrare “Il male non esiste” su qualche piattaforma, la storia è una specie di scontro fra la purezza della natura e l’aggressività del mercato imprenditoriale.
L’esistenza pacifica di un boscaiolo con la figlia verrà squassata da una proposta da parte di chi vorrebbe mescolare a ciò che Dio a creato un glamping, ovvero un camping con il glamour di un resort, la cui costruzione minaccerebbe l’ecosistema. Un tema piuttosto caro a Hamaguchi, che è piaciuto parecchio alla severa platea del Lido.
Visto che ci siamo auscultiamo la situazione giapponese riguardo il cinema. Anche nella terra del Sol Levante la ripresa dopo un paio d’anni difficili è stata piuttosto decisa con il conforto dei produttori messi all’angolo pure loro dalla crisi mondiale.
Fra l’ottimismo e la rinascita si è incuneato uno scandalo del settimo Mercalli, giusto per farvi capire quanto ha tremato una certa industria nipponica: il numero uno della Johnny & Associates è stato accusato di aver abusato di centinaia di ragazzi fra gli anni Settanta e il Duemila.
Solamente alla sua morte, a 87 anni, nel 2019 è emersa tutta la verità tenuta nascosta per paura di far saltare in aria una montagna di affari già avviati.
Si è discusso parecchio anche riguardo ai film d’importazione, soprattutto americani. E un titolo su tutti è stato a lungo sul tavolo di chi ha il potere di accettarlo o di respingerlo al mittente: “Oppenheimer”. Be’, come non comprendere i dubbi giapponesi su una pellicola che celebra il padre della bomba atomica.
Ha vinto il sì e il 29 marzo la pellicola Oscar è comparsa nelle loro sale. Chissà come l’avranno presa quelli di Hiroshima e di Nagasaki.