Si assume come operaio e percepisce la cassa Covid
foto da Quotidiani locali
Per la Direzione distrettuale antimafia di Roma a gestire la Ital green srl di Aviano, epicentro di un traffico illecito di rifiuti fra il 28 agosto 2019 e il 12 ottobre 2021, quando l’impianto è stato sottoposto a sequestro, erano Marcello Perfili, 69 anni, di Frosinone, e Antonio Annunziata, 41 anni, napoletano.
Quando il primo è finito una prima volta agli arresti domiciliari, nel 2019, nell’ambito di una precedente inchiesta, le redini sono passate al secondo. Perfili è rimasto in contatto telefonico con lui, dopo essersi disfatto della vecchia sim card nel tentativo di eludere le intercettazioni, con una nuova utenza.
Cassa Covid e ordinaria
È stato Annunziata, secondo gli inquirenti, a seguire i lavori per l’avviamento dell’impianto avianese. Eppure risultava assunto come lavoratore a tempo determinato della Ital green srl dall’11 novembre 2019. L’autorità giudiziaria evidenzia che invece non ha mai svolto mansioni da operaio, ma piuttosto da manager e non era nemmeno sempre presente ad Aviano.
Per gli inquirenti si è trattato di un falso rapporto di lavoro creato ad hoc per giustificare i compensi percepiti. Non solo, Annunziata risulta aver percepito indebitamente la cassa integrazione erogata per le chiusure imposte dalla pandemia da Covid 19 e anche la cassa integrazione ordinaria dopo che il 24 aprile 2021 è stato licenziato.
Una mossa fittizia, anche questa, per la Dda. Tra l’altro motivata dalla mancata presentazione sul posto di lavoro.
Finti operai e rifiuti misti
Dall’inchiesta della Dda di Roma emerge anche che è stata ingaggiata manodopera locale a basso costo per fingere la lavorazione dei rifiuti.
Attività finalizzate al recupero dei rifiuti, che in realtà all’impianto di Aviano non sono mai state effettuate, come è stato desunto dagli inquirenti, sulla scorta di intercettazioni, riprese video, controlli stradali sui carichi dei camion in entrata e in uscita, analisi della contabilità aziendale e dal sopralluogo finale al momento del sequestro probatorio.
L’impianto avrebbe potuto ricevere solo materiali plastici e gomma, da sottoporre a cernita e selezione, con una quantità massima di stoccaggio sotto alle 3.500 tonnellate, all’interno dei due capannoni. Gli inquirenti hanno trovato invece enormi quantità di rifiuti misti, stipati in balle che toccavano quasi il soffitto, dall’odore nauseabondo, indice di materiale organico e piene di insetti e escrementi, presumibilmente di ratti.
In un’intercettazione si sente Perfili chiedere, in tono sarcastico, a una ditta conferitrice, la gentilezza di inserire un po’ di plastica per giustificare la classificazione del rifiuto.
Le autorizzazioni negate
È emerso che la Ital green ha acquistato anche un trituratore di rifiuti e che lo ha utilizzato senza autorizzazione per ridurre a piccoli pezzi i materiali in modo che la congerie apparisse meno impressionante.
La Ital green ha inviato alla Regione più richieste di nuove autorizzazioni, nessuna delle quali è stata accolta, per sanare ex post la situazione illegale, secondo l’accusa: fra l’altro hanno chiesto di installare il trituratore (che usavano già) e di poter accogliere anche i rifiuti misti (che in realtà venivano già stoccati).
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