Caorle, il maltempo dà il colpo finale alla barchessa di San Gaetano
foto da Quotidiani locali
Maltempo, il forte vento fa cedere le travi: crolla la già malandata barchessa di San Gaetano, un simbolo della località frazione di Caorle. La comunità protesta: «Questo scempio» riferisce don Giorgio Scatto «è l’ennesima ferita causata dall’uomo prima ancora che dagli agenti atmosferici, in un territorio già fragile e in avanzato stato di abbandono. Siamo stanchi di abitare in mezzo alle rovine e al degrado. E non parlo solo di San Gaetano. Al Marango, per esempio, dove fino a due decenni fa c’era il ristorante di Fortunato Scala, ora c’è una discarica piena di topi. A Ottava Presa solo in quest’ultimo anno si è posto rimedio a uno scandalo edilizio di vaste proporzioni».
Don Scatto, punto di riferimento della comunità caorlese dell’entroterra, non le manda a dire. «San Gaetano è diventata nel tempo la frazione più abbandonata di tutto il nostro territorio. Come è caduta miseramente la barchessa, così a breve cadrà la villa Franchetti, nonostante tutti i Comitati di salvaguardia. Ed è del tutto inutile e ingannevole che poi un’intera collettività si fregi della memoria di Hemingway, che ha frequentato per anni San Gaetano, quando non si è fatto nulla di sostanziale per celebrarne il nome, così come si è del tutto dimenticata la famiglia Franchetti, che nel territorio qualche merito deve averlo avuto».
Prosegue: «Devo dire che quello che da quarant’anni stiamo facendo a Marango, Ottava Presa e San Gaetano come comunità parrocchiale, con molta tenacia e a mani nude, è molto, e si vede, ma è ancora troppo poco per cambiare direzione di marcia di una situazione di degrado e di responsabile incuria da parte di chi doveva, per tempo, porvi rimedio».
Infine: «Credo che ci voglia ora un nuovo inizio, una presa di coscienza delle istituzioni, un colpo d’ala della politica, non solo locale, un generoso intervento da parte di imprenditori che hanno il dovere morale di investire risorse economiche per salvaguardare un pezzo importante della storia e della cultura contadina dei nostri territori, per il bene della collettività e della future generazioni. Altrimenti, che cosa consegniamo ai nostri figli: un territorio desertificato e inabitabile? Non si vive solo di soia, vino e barbabietole. Come non si vive solo con il turismo balneare».