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Colpo di scena: Maradona non aveva evaso il Fisco

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Dopo quasi trent’anni di battaglie legali, l’ormai scomparso Diego Armando Maradona è stato assolto dall’accusa di non aver pagato alcune tasse ai tempi in cui giocava nel Napoli calcio. «Una condizione che lo aveva umiliato, offeso» racconta a Panorama l’avvocato del grande campione. I cui eredi, adesso, potrebbero valutare la richiesta di un maxi risarcimento danni allo Stato.

L’ultimo gol, Diego Armando Maradona, è riuscito a segnarlo dal cielo. Dopo quasi trent’anni di battaglie legali, la Cassazione ha stabilito che non è un evasore fiscale. Ma il «Pibe de oro» non ne potrà gioire: è scomparso il 25 novembre 2020, braccato dal Fisco come una fiera in fuga, additato all’opinione pubblica come debitore nei confronti dello Stato italiano per oltre 40 milioni di euro. «Una condizione che lo ha umiliato e offeso» commenta a Panorama il suo avvocato e amico, Angelo Pisani. «L’accusa di evasione fiscale gli ha soprattutto impedito di tornare in Italia, a Napoli, perché sapeva di essere nel mirino. Abbiamo assistito a scene surreali: Maradona fermato all’aeroporto dalla Finanza, incaricata da ex Equitalia, e costretto a consegnare l’orologio Rolex oppure gli orecchini di brillanti perché sottoposti a pignoramento; perquisito e spogliato davanti ai figli. Una caccia all’uomo indegna».

La vicenda riguarda i compensi percepiti dal 1985 al 1990 dal Calcio Napoli: in totale 30 miliardi di vecchie lire pagati dal club, e alcuni diritti d’immagine, sui conti esteri del Liechtenstein da parte di due società straniere. Il Fisco contestava al «Diez» mancati versamenti Irpef per circa 7 milioni di euro (poi lievitati a 40 per sanzioni, interessi e more). Il Napoli di Ferlaino, però, aveva per tempo impugnato l’ipotetica violazione fiscale e l’accertamento solo a essa notificato riuscendo a vincere (pure per Diego) innanzi ai giudici tributari e a far annullare il provvedimento. Ma non solo: agli inizi del Duemila il club aveva finanche aderito a un condono e, in autotutela, per evitare grane future a sé e a Diego, aveva deciso comunque di pagare. Tutti hanno fatto finta di non sapere. La nullità dell’accertamento fiscale e il condono erano un ombrello che, per legge, avrebbe dovuto proteggere anche Maradona, quale dipendente del club. Ma per gli uffici di Equitalia e le commissioni tributarie di ogni grado - e finanche qualche tribunale - le cose non sono affatto cambiate. Ed è scattata la tagliola.

«Arriviamo così al 2010, quando decido di assumere la sua difesa», prosegue Pisani, «e con un paio di mega trolley carichi di 20 mila pagine di carte giudiziarie, sbarco a Dubai. Gli dico che ci sono due possibilità: o chiudere un concordato, pagando solo la cifra in conto capitale, che peraltro sarebbe stata coperta da un paio di sponsor; uscendo quindi dal procedimento senza ulteriori danni ma ammettendo di aver nascosto soldi al Fisco. Oppure combattere per far emergere la verità». Diego scelse la verità. E soltanto oggi la sezione tributaria del Palazzaccio gli ha dato ragione rimettendo gli atti alla commissione tributaria regionale per il calcolo delle spese legali e una verifica di eventuali, minime differenze. «Non c’è alcun calcolo che possa portare a un risultato diverso da zero», sottolinea ancora il legale partenopeo. «Maradona non deve nulla allo Stato italiano». Forse vale il contrario. Gli eredi stanno valutando infatti di chiedere un maxi risarcimento danni. E sono gli stessi giudici supremi, nella sentenza firmata dal presidente Roberta Crucitti, a sottolineare le tante mancanze dell’Amministrazione finanziaria della riscossione in questa storia. La maggiore cura, nell’analisi della documentazione fornita dalla difesa di Maradona in relazione al condono del club, avrebbe infatti «potuto evitare la prosecuzione o l’introduzione di ulteriori procedimenti giudiziari». Che, paradossalmente, non sono finiti con l’assoluzione di Diego. Continueranno infatti a piovere anche in Cassazione nuove cause per impugnazioni di singole intimazioni del triennio 2010-2013 e contenziosi sul pagamento del conto finale e delle spese legali. Un diluvio di carte bollate che sembra non finire mai.

«Non può esistere una doppia imposizione nel nostro sistema. Il Fisco, tra l’altro, nonostante la sentenza contraria aveva già ottenuto dal Napoli quanto reclamato, nonostante la società avesse addirittura fatto annullare tutti gli accertamenti fiscali e solo per evitare polemiche future. Dunque, non doveva bussare a casa di Diego», prosegue Pisani. «Questo l’abbiamo urlato per anni senza che nessuno ci desse ascolto. Anzi, in realtà qualcuno lo ha fatto: Equitalia. Che ha persino denunciato me e Maradona per diffamazione aggravata a mezzo stampa. Ovviamente, siamo stati assolti subito, ma di me hanno detto anche che ero pazzo e visionario nel voler difendere Diego a tutti i costi. Ma questo restituisce bene il teatro di guerra in cui ci siamo mossi». Adesso l’Amministrazione fiscale o il ministero dell’Economia dovrebbero prendere atto della sentenza della Cassazione «sgravando» con una sorta di autotutela d’ufficio questa pretesa di credito. «In questo modo gli eredi potranno godere dell’intera massa ereditaria, calcolata in circa 100 milioni di euro».

In realtà, potrebbe profilarsi una possibile azione di responsabilità per danno erariale a causa dell’inutile e illegittimo «stalking» dell’Agenzia della riscossione. «Lo Stato potrebbe esplorare questa possibilità perché di fatto Equitalia ha dilapidato tanti soldi in spese e parcelle per la riscossione, reclutando avvocati di Roma e Milano, per inseguire Maradona e Pisani senza averne alcun titolo. A occhio credo che abbiamo celebrato circa 150 udienze e incontri per far valere una verità che nessuno voleva vedere». «Mi spiace che un uomo straordinario come Maradona non possa gioire di questo risultato», conclude Pisani. «Era un dio sul campo di calcio, ma nella vita privata nascondeva una dolcezza e una fragilità inaspettate. Come quando, dopo anni, lo vidi abbracciare suo figlio Diego jr. Fu una scena commovente. Aver vinto in Cassazione mi ha inorgoglito, aver fatto riunire padre e figlio mi ha reso felice, nonostante i tanti nemici». n © riproduzione riservata





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