Firenze, il Palazzo che attraversa il tempo
Il simbolo di indipendenza e orgoglio di Firenze è protagonista di un racconto per immagini che ne esalta bellezza e opere. Un suo carattere civile che dal Rinascimento arriva fino a oggi.
Esce ora, per l’editore Forma, un nuovo libro su Palazzo Vecchio di Firenze con esaltanti fotografie, delle opere più difficili da vedere, di Massimo Listri. Teniamo in mano quello che, in innumerevoli visite, ci ha circondato in uno spazio vivo, così lontano da quello di un museo. Ora, possiamo stare fermi e vederlo, e vivere la grande storia di Firenze e la gloria dei Medici, e l’onore e l’orgoglio dei sindaci che hanno continuato a guidare una città unica. «Fiorentini! In questo momento mi giunge la triste notizia che l’acqua dell’Arno è arrivata in Piazza del Duomo. In alcuni quartieri l’alluvione giunge al primo piano. Ed è lì che deve giungere anche l’aiuto più urgente della città. Invito tutti alla calma e a ridurre al minimo la circolazione, mentre prego i possessori di battelli di gomma e di mezzi anfibi, anche in plastica, di farli affluire in Palazzo Vecchio, per gli immediati soccorsi sanitari, alimentari e di salvataggio. Importante è che vengano segnalati all’ufficio di Palazzo Vecchio i casi veramente urgenti e drammatici!» Sono le parole, emozionate e drammatiche, di Piero Bargellini, alla radio durante l’alluvione del novembre 1966. Bargellini fu il sindaco del momento più difficile per la Firenze moderna, tra l’agosto del ’66 e il novembre del ’67, un tempo breve ma intenso di dolore e di ricostruzione.
Affrontò con coraggio quei giorni terribili, e fece del Palazzo il presidio dei soccorsi e della rinascita, chiamando a raccolta tutte le forze cittadine e non solo. Nei giorni immediatamente successivi al disastro per far fronte alla situazione d’emergenza, Bargellini, con gli uffici della prefettura fiorentina, utilizzò le unità dell’esercito inviate in città per liberare le strade dal fango, mise al lavoro gli operai della Nuova Pignone e i sommozzatori della Polizia di Stato per ripristinare i servizi idrici e liberare le fogne. Non tutti ricordano che nel novembre 1966, al momento dell’alluvione, la giunta comunale fiorentina guidata da Bargellini era dimissionaria dalla fine di settembre ed avrebbe dovuto rassegnare l’incarico l’8 novembre. Non fu così. La figlia Bernardina Bargellini Nardi, nel libro L’alluvione di Piero Bargellini, ricorda che anche il palazzo dove abitavano i Bargellini, nel quartiere di Santa Croce, fu travolto dalle acque, e il sindaco fu chiamato dalla popolazione non «il primo cittadino», ma «il primo alluvionato».
Così Palazzo Vecchio ha conosciuto la sua estrema condizione di palazzo dei cittadini, come una fortezza non solo per difendere i suoi beni, fra tutti lo Studiolo di Francesco I, ma per difendersi dalla violenza della natura, che trasformò l’Arno in un nemico più insidioso del ferrarese Savonarola che aveva detto: «Scelgo la religione perché ho visto l’infinita miseria degli uomini, gli stupri, gli adulteri, le ruberie, la superbia, l’idolatria, il turpiloquio, tutta la violenza di una società che ha perduto ogni capacità di bene». Fu il 6 aprile, mercoledì di Pasqua, secondo tradizione, che Savonarola predicò a Palazzo Vecchio davanti alla Signoria, affermando che il bene e il male d’una città provengono dai suoi capi, superbi e corrotti, che sfruttano i poveri, impongono tasse onerose, falsificano la moneta. Il Palazzo Vecchio di Bargellini fu il contrario; fu il luogo dell’assistenza e dell’accoglienza. D’altra parte le sale più preziose, con lo Studiolo, sono dedicate a due Papi Medici, Leone X e Clemente VII, indicando,con gli affreschi di Giorgio Vasari, Giovanni Stradano e Marco da Faenza, la magnanimità della grande famiglia fiorentina davanti al mondo. La Sala di Leone X celebra il grande Papa figlio di Lorenzo il Magnifico che iniziò le fortune dei Medici nel Cinquecento portandoli a consolidare il loro potere e la loro importanza,anche a Roma. Con Giulio II, Leone fu il Papa di Michelangelo e di Raffaello. Sul soffitto si vedono Le truppe alleate di Leone X che riconquistano Milano ai francesi, mentre i dipinti rettangolari e ottagonali rappresentano altri episodi della vita di Leone X. Anche Roma è a Firenze. Al centro delle pareti sono le grandi scene con l’Ingresso trionfale di Leone X a Firenze, dove vediamo la forma di piazza della Signoria prima della costruzione degli Uffizi. Notevole qui anche l’affresco della battaglia di San Leo, vinta da Lorenzo Duca d’Urbino per papa Leone.
Agli angoli della stanze quattro nicchie ospitano altrettanti busti marmorei: Giuliano, duca di Nemours di Alfonso Lombardi, Lorenzo duca di Urbino di Gino Lorenzi, Clemente VII ancora del Lombardi e Leone X del Lorenzi. Il grandioso camino di marmo è di Bartolomeo Ammannati; il pavimento di Santi Buglioni, in terracotta bianca e rossa; al centro gli anelli medicei intrecciati. Palazzo Vecchio è la sede di amministrazione comunale che, più di ogni altra, conserva la storia della città e ha le caratteristiche di un museo che continua la sua storia nel luogo dove l’ha fatta. Il comune di Firenze è esso stesso il museo della città , e vive nella storia. Cosimo de’ Medici è nella stanza accanto al Salone dei Cinquecento che lo celebra. Questa sala imponente è lunga 54 metri e larga 23. Fu costruita nel 1494 da Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca, su commissione di Savonarola che, cacciati i Medici da Firenze, la volle come sede del Consiglio maggiore, composto da più di 1.500 cittadini, che si riunivano a rotazione in gruppi di 500. Fu in seguito allargata dal Vasari, così che Cosimo I potesse far corte in questo salone. Durante la trasformazione (1555-1572) non è chiaro se i famosi dipinti incompiuti de La battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci e La battaglia di Cascina di Michelangelo furono coperti o distrutti.
Sulle pareti sono realizzati i grandi affreschi che raccontano le battaglie e i successi militari di Firenze su Pisa e Siena: da La presa di Siena, a La sconfitta dei pisani alla torre di San Vincenzo. Sul lato nord della sala, sotto enormi finestre, c’è L’udienza, lo spazio concepito da Baccio Bandinelli per Cosimo I, per ricevere cittadini e ambasciatori. Sopra ci sono affreschi fra i quali Bonifacio VIII con gli ambasciatori fiorentini ai quali rivolse l’apprezzamento: «Voi fiorentini siete la quintessenza». Nelle nicchie sono le sculture di Baccio Bandinelli: al centro la statua di Leone X (realizzata con l’aiuto di Vincenzo de’ Rossi) e sulla destra Carlo V incoronato da Clemente VII. Le sei statue lungo le pareti con le Fatiche di Ercole sono di Vincenzo de’ Rossi. Nella nicchia centrale c’è il gruppo marmoreo di Michelangelo Il genio della Vittoria (1533-1534), concepito per la tomba di papa Giulio II. La storia di questo straordinario luogo continua. Come quella che, modernamente, ha portato dal glorioso Bargellini a Dario Nardella, consapevole sindaco in un palazzo di memorie più grandi di noi. Vecchi noi, non Palazzo Vecchio.