​Adam Sandler: «Dopo le commedie ora viaggio nello spazio»

«Quando metti la carriera al primo posto, finisci per allontanarti da tutti: la famiglia, gli amici e le altre persone importanti nella tua vita. E spesso quando stai due o tre mesi lontano a girare un film, anche se sei concentrato sulla lavorazione, ci sono dei momenti in cui pensi “che diavolo sto facendo?”. È capitato anche a me, in quei momenti, di avere dubbi e pensare che forse sarei dovuto essere altrove, a giocare con le mie figlie, invece che sul set» racconta a Panorama l’attore Adam Sandler. «Per fortuna quei momenti sono stati ripagati da tanti altri in cui non lavoro e posso stare con i miei cari, ma ogni volta è la stessa storia: l’ambizione ti spinge a inoltrarti in territori in cui appena entrati ti assalgono mille dubbi». Sandler, 57 anni, per oltre venti il più famoso e ricco «buffone» d’America, con commedie come Un tipo imprevedibile, Big Daddy, Terapia d’urto, Zohan o Funny People, riconosce un parallelo tra sé e l’ultimo suo personaggio, l’astronauta ceco Jakub Procházka in Spaceman, ora disponibile su Netflix. Inviato da solo in una missione spaziale per esplorare una misteriosa nebulosa apparsa ai confini della galassia, dopo sei mesi in viaggio è prossimo ad avvicinarla per studiarla. A tenergli compagnia nello spazio siderale, oltre alle comunicazioni con la base a Terra guidata dalla sovrintendente Tuma (Isabella Rossellini) e l’ingegnere (Kunal Nayyar), sono i messaggi che riceve dalla moglie Lenka (Carey Mulligan), rimasta ad attendere il suo ritorno e ormai prossima a dare alla luce il loro figlio. Un giorno però la donna decide di inviargli un messaggio per comunicargli che vuole chiudere la loro relazione, e Tuma chiede di non recapitarglielo pensando che possa influire negativamente sull’esito dell’impresa spaziale. Abbandonato nel silenzio del soliloquio Jakub riceve la visita di una misteriosa creatura aliena che ha forma di aracnide (gli dà la voce in originale Paul Dano) e gli confessa di avere qualcosa in comune con lui. Ma quel che avviene è reale o accade soltanto nella sua testa? «Quando il regista Johan Renck mi ha contattato per propormi il film, ho accettato di incontrarlo e mi ha colpito per il suo aspetto eccentrico e per il fatto che siamo andati d’accordo subito. Ho letto la sceneggiatura e mi ha impressionato: era una storia al contempo romantica, ma anche intrigante, che parlava di solitudine. Qualcosa che, lo ammetto, non avevo mai girato prima» racconta l’attore che aveva già dato una svolta drammatica alla propria carriera, con pellicole come Ubriaco d’amore e Diamanti grezzi.

Ha letto il romanzo Il cosmonauta di Jaroslav Kalfar, da cui è tratto il film?

Sì e ho anche incontrato l’autore, gli ho fatto un po’ di domande su cosa l’ha portato a scrivere il personaggio di Jakub, gli ho chiesto del suo passato e della sua relazione con il padre. Volevo approfondire il retroterra culturale del libro e così sono andato in Repubblica Ceca, ho parlato con le persone, cercato di capire dove era nata questa storia. Però ho preso la decisione di non usare alcun accento, perché ero d’accordo con il regista (aveva diretto la serie tv Chernobyl, ndr) che questa fosse la scelta migliore possibile.

L’aracnide alieno è stato creato al computer. Con chi ha recitato sul set?

Anzitutto ho incontrato Paul Dano su Zoom, perché stavamo ancora uscendo dal lockdown, e con lui e il regista Johan Renck abbiamo iniziato a leggere il copione, per capire come interpretare i dialoghi, che sono molto intensi. Poi, sul set, i tecnici hanno piazzato una pallina da tennis nel punto dove sarebbe stata aggiunta, grazie agli effetti speciali, la testa del ragno e dove io dovevo guardare durante le riprese, mentre Renck leggeva le battute di Paul. Ma non è stata quella la cosa più complicata.

E qual è stata, allora?

Ho accettato la parte senza rendermi conto che, siccome gli astronauti fluttuano senza gravità, sarei dovuto restare appeso a dei cavi sul set per settimane. Non sa quanto è faticoso, a volte imprecavo e chiedevo di tirarmi giù in lacrime. Una scena pietosa, non ho più il fisico.

Ha mai sognato da bambino di andare nello spazio?

Ora che ci penso, avevo due sogni: diventare appunto un’astronauta e creare una medicina chiamata Infinity Liver, fegato infinito, che doveva servire a non far morire i miei genitori, perché mi atterriva quell’idea. Ci ho provato per tanto tempo con il mio Piccolo Chimico, purtroppo non ci sono mai riuscito.

Questo non è il primo film drammatico che lei interpreta, ma per i critici è come se lei avesse due carriere, una comica e una seria, e come se i due Adam Sandler tra loro non si consultassero su dove andare.

La commedia è il mio primo grande amore, e mi sono divertito tantissimo a girarne diverse perché, le assicuro, non c’è nulla di più appagante che far ridere la gente. Ma dopo un po’ che ci provi e ci riesci pure, ti chiedi come provare ad andare avanti senza usare sempre gli stessi sketch e le stesse battute, ed è a quel punto che diventa dannatamente difficile. Poi maturi, diventi padre, metti su una famiglia (la moglie Sandie, con cui è sposato dal 2003, e le figlie Sadie e Sunny, 18 e 16 anni, ndr), e allora magari fai il doppiaggio di cartoni come Leo, perché vuoi far stare bene le famiglie. L’idea però, se possibile, è quella di non fare sempre le stesse cose, ed è per questo che ho accettato di girare Spaceman. Almeno posso dire anch’io di essere stato nello spazio.

Se gli attori sono cosmonauti in viaggio nell’astronave cinema, lei ha capito qual è la sua missione?

Sinceramente me lo chiedo anch’io. Ma poi mi capita di guardare un film che mi fa commuovere e pensare e allora mi dico, forse è questo il senso: ispirare gli altri.

Le è capitato di sentirsi solo come Jakub?

Chi fa il mio mestiere ha una vita bizzarra, sempre inquadrato dalla cinepresa, guardato dal pubblico, tra red carpet ed eventi. Però capita poi che ti trovi totalmente solo e allora hai il momento per guardarti dentro: non è mai facile, perché affiorano i rimpianti. È umano, perché per quanto tu possa essere famoso, alla fine i riflettori si spengono.

La nebulosa, forse, nasconde l’origine dell’universo. A lei piacerebbe tornare all’origine della sua vita?

Sarebbe affascinante, ma spaventoso. Se potessi tornerei a quando ho conosciuto mia moglie in un locale sul Santa Monica Boulevard, e mi sono innamorato. Troppo spesso stai insieme alla persona che ami senza pensare al brivido che ti ha dato vederla la prima volta.Non bisognerebbe mai dimenticarlo.