Kong e Godzilla, il lato umano dei «mostri»

A furia di rincorrersi a distanza e dopo essersi scontrati varie volte, era inevitabile che i due mostri più celebri del cinema si incontrassero per collaborare tra loro. In Godzilla e Kong - Il nuovo impero, sugli schermi dal 28 marzo, i due giganti sono costretti loro malgrado a unire le forze per contrastare una minaccia che mette in pericolo l’intera umanità: un nuovo mostro, Skar King, che è diventato il dominatore della Terra Cava, il grande vuoto che (fantasticando sulle teorie pseudoscientifiche del Settecento) esisterebbe sotto la crosta terrestre, dove come un dittatore ha soggiogato i propri simili. «Mentre stavo ultimando Godzilla vs. Kong (uscito nel 2021, 470 milioni di dollari d’incasso nel mondo nonostante la pandemia, ndr) mi sono chiesto se, dopo averli fatti combattere uno contro l’altro, avrei potuto far proseguire le loro avventure», spiega a Panorama il regista Adam Wingard. «E così ho pensato che avrebbero dovuto fare squadra. Però sono due animali, molto territoriali, e bisognava trovare uno spunto efficace per riuscirci, così ho pensato a una storia in cui i due personaggi principali combattevano insieme a causa di un malinteso. In questo modo abbiamo creato una nuova storia in cui Kong e Godzilla sono come quelle coppie di sbirri assegnati alla stessa indagine che in realtà non si sopportano proprio».

In un’epoca di «franchise», come si chiamano le linee commercial-narrative che propongono più episodi costruiti attorno agli stessi personaggi, Godzilla e Kong appartengono al cosiddetto «Monsterverse», l’universo immaginario declinato al cinema e in tv cui è stato dato avvio dieci anni fa con Godzilla di Gareth Edwards, e che ha visto poi un episodio dedicato al gorilla, Kong: Skull Island nel 2017 e altri due film, l’ultimo dei quali vedeva appunto i due titani scontrarsi tra loro. L’iniziativa di Legendary Pictures, lo studio fondato da Thomas Tull, diventato miliardario dopo aver cominciato col business delle lavanderie a gettone, ha finora fruttato 1,95 miliardi di dollari al botteghino e celebra una storia cominciata tuttavia molto tempo addietro. Kong, che abbiamo imparato a conoscere col titolo regale di King Kong, è stato inventato dal regista Merian Caldwell Cooper, dopo aver sognato un enorme gorilla intento a terrorizzare i newyorkesi: la creatura ha fatto il debutto nel 1933 compiendo il suo viaggio in catene dall’isola misteriosa di Skull Island, fino alla cima dell’Empire State Building, prima che il personaggio divenuto celeberrimo grazie anche agli effetti speciali in stop-motion, fosse riportato in auge da Dino De Laurentiis nel 1976, con un pupazzo animatronico di Carlo Rambaldi (indimenticabile l’attrice protagonista: una strepitosa Jessica Lange), e poi col digitale da Peter Jackson nel 2005.

Godzilla invece è nato nell’omonimo film giapponese del 1954 di Ishiro Honda ed è il dinosauro non estinto rimasto nelle profondità marine che, diventato gigantesco a causa delle radiazioni nucleari, riemerge per distruggere la civiltà. Il film che in qualche modo condannava, esorcizzandola, la catastrofe atomica di Nagasaki ed Hiroshima, ha reso il personaggio popolare ad ogni latitudine, tanto da generare un totale di 38 film legati al suo personaggio, compreso quello in uscita (mentre Kong arriva a 13). Nella nuova pellicola di Wingard appaiono anche personaggi in carne e ossa: in particolar modo ritornano la primatologa Ilene Andrews (Rebecca Hall) e Jia (Kaylee Hottle), una ragazzina sorda nata su Skull Island che è in grado di comunicare con Kong. Ma nel viaggio in cui la mastodontica scimmia scoprirà il proprio antagonista, costringendolo ad allearsi a Godzilla, gli umani per una volta sono elementi di contorno, in un film ad alto tasso spettacolare che pone l’attenzione sui mostri, o kaiju, come vengono chiamati nella fantascienza giapponese. «Quando tanti anni fa guardavo i film in cui Godzilla si univa a Mothra e ad altri mostri della tradizione del Sol Levante, non mi interessavano per niente i personaggi in carne e ossa, ma ero solo un bambino e usavo la mia immaginazione» spiega il regista. «Girare un film però è stato una sfida molto più ardua e ci è voluto Godzilla vs. Kong per capire come far funzionare tutto questo a livello di racconto cinematografico, riuscendo a trasmettere emozioni attraverso la loro forma di comunicazione non verbale».

A far rimanere sbigottiti gli spettatori di tutte le età ci penseranno anche gli effetti digitali usati per creare i vari titani nel film e con cui il cinema dei mostri negli ultimi anni ha reso possibile mettere in scena combattimenti realistici e sbalorditivi al tempo stesso, distanti anni luce dai primissimi che vedevano pupazzi ripresi in stop motion o attori indossare costumi di gomma su set di miniature delle città. Wingard ha assicurato che «ci sarà anche un omaggio alla Showa Era, quel periodo giapponese in cui Godzilla faceva cose assurde come danzare». Questo spettacolare e postmoderno pastiche rappresenta anche un’occasione per celebrare la fantascienza al cinema degli anni Cinquanta, fatta di viaggi al centro della Terra, peraltro ripresi da Jules Verne, senza dimenticarsi di inserire anche elementi di attualità: «Nella spedizione verso la Terra Cava, Jia e Kong, accomunati dalla convinzione di essere gli ultimi rimasti della propria specie» spiega il regista «scopriranno che in realtà non è così». Un modo forse per far riflettere gli spettatori sul pericolo di estinzione che tutte le specie viventi, compresa quella umana, corrono a causa delle attività antropiche sul pianeta degli ultimi 200 anni.