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Panorama
Апрель
2024

Anticorpi in tilt per eccesso di difesa

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Sono in aumento i casi di malattie autoimmuni, in cui il sistema di presidio dell’organismo «si sbaglia» e attacca se stesso. Le cause restano incerte, ma ci sono speranze nelle terapie per tenere a bada queste gravi patologie.

A volte capita che il nostro sistema immunitario si metta in testa di fare «il fenomeno», esagerando in una difesa immaginaria e diventando aggressivo senza criterio. E per noi sono guai: gli anticorpi, come soldati impazziti, invece di concentrarsi su virus e batteri colpiscono le cellule sane, intaccando polmoni, intestino, reni, vasi sanguigni e altri organi, e provocando complessi processi infiammatori. Sono le malattie autoimmuni: secondo i dati dell’Iss, Istituto superiore della sanità, hanno oggi in Europa un’incidenza di quattromila casi ogni 100 mila abitanti, in continua crescita negli ultimi anni: colpiscono soprattutto donne e giovani, affetti sempre più spesso da tiroidite, lupus, sclerosi multipla, artrite reumatoide, per citare le più diffuse, cui si affiancano patologie infiammatorie dell’intestino (malattia di Crohn e colite ulcerosa), psoriasi e spondiloartriti in cui la base autoimmune è ancora poco chiara.

Le ragioni di questo aumento sono incerte, e anche i clinici che se ne occupano ammettono che le spiegazioni al momento non sono supportate da dati consolidati: «C’è un’ipotesi ambientale» spiega Silvio Danese, direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’Ircss Ospedale San Raffaele, e ordinario di Gastroenterologia di Vita-Salute. «Per esempio l’uso eccessivo di antibiotici, che potrebbero distruggere ceppi di flora intestinale con funzione protettiva, o l’incremento del consumo di cibi ultra processati. Ma non abbiamo ancora evidenze scientifiche sufficienti a “dare la colpa” a un fattore piuttosto che a un altro. I geni, che spesso sono chiamati in causa, in realtà impiegano centinaia di anni a indurre un cambiamento, e quindi non potrebbero mai spiegare un aumento di casi così importante».

Quello che è certo è che le patologie autoimmuni variano molto, nella gravità, nel tipo di organo colpito, nella prospettiva di cura e di filoni di ricerca: «Dentro questa grande categoria di malattie» dice Carlo Selmi, responsabile Unità operativa Reumatologia e iwmmunologia clinica dell’Ircss Istituto clinico Humanitas di Milano e docente di Humanitas University, «ne troviamo alcune organo-specifiche: come la tiroidite, oggi la malattia autoimmune più frequente al mondo, in Italia colpisce l’11 per cento delle donne, e altre più sistemiche e pericolose, perché possono impattare su molti organi e tessuti. È il caso del lupus eritematoso sistemico: chiunque abbia visto il Dr. House ne ha sentito parlare, perché è un’ipotesi diagnostica che si fa spesso, può colpire qualsiasi organo e manifestarsi in molti modi diversi».

Anche secondo Selmi, sulle cause non vi sono sicurezze assolute: «Siamo diventati più bravi nelle diagnosi, con test migliori. Poi c’è da dire che, grazie al fatto che è aumentata l’aspettativa di vita con i nuovi trattamenti, cresce anche la “prevalenza”. Ma sono numeri impossibili da quantificare e confrontare con il passato. Ci sono più fattori ambientali, soprattutto le infezioni che possono scatenare le malattie autoimmuni, sia virali che batteriche, come nel caso della flora orale nell’artrite reumatoide».

Alla fine, è tutta una questione di tolleranza, verso ciò che può essere estraneo all’organismo. Il nostro sistema immunitario, infatti, si è sviluppato per due motivi: da un lato difenderci dalle infezioni, e dall’altro tollerare ciò che è innocuo. «Ovviamente le due funzioni sono dicotomiche» prosegue Selmi. «Il sistema deve essere in grado di riconoscere ciò che è pericoloso, chiamato “non-self”, da quello che è “self” o “non-self innocuo”: ossia i cibi, i farmaci, cose per noi fondamentali e che ci aspettiamo non vengano combattute. Il non-self invece può essere un’infezione, un virus, un tumore. Se il sistema immunitario incappa in una zona grigia, si sbaglia o diventa troppo zelante, accende la difesa contro manifestazioni innocue e noi andiamo incontro ad allergie, rigetti di trapianto e autoimmunità».

Malattie autoimmuni in crescita soprattutto tra i giovani sono, per esempio, la rettocolite ulcerosa e il morbo di Crohn, che colpiscono entrambe l’apparato gastrointestinale: «L’intestino è l’area di contatto con il mondo esterno più ampia» dice ancora il professor Danese. «Fin da quando iniziamo ad alimentarci, impara a riconoscere ciò che è nocivo da ciò che non lo è. Se entra un alimento buono, i “poliziotti” di guardia lo fanno passare, se arriva la salmonella, o un altro patogeno, li bloccano. In caso di rettocolite ulcerosa e morbo di Crohn la difesa diventa aggressiva, inizia a creare ulcere, sanguinamenti, cattiva funzione intestinale, fino ad arrivare - nei casi più gravi - alla distruzione dell’organo». Perché molte di queste patologie colpiscano le donne è dovuto a fattori evolutivi: la nostra specie deve tutelare il sesso femminile per la riproduzione. E siccome fino a pochi decenni fa, la prima causa di morte al mondo erano le infezioni, il sistema immunitario ha fatto in modo che le donne avessero un meccanismo di risposta più efficace. E quindi più reattivo, nel bene e nel male.

Ma se sull’origine delle malattie autoimmuni non si può ancora affermare con certezza se si tratti di ereditarietà, stili di vita, fattori ambientali o un insieme di concause, su cure e trattamenti ci sono molte novità: «Oltre ai classici immunosoppressori come i cortisonici, utilizziamo oggi terapie innovative, e altre sono in fase di trial» conferma Danese. «Con i farmaci biologici abbiamo imparato a spegnere l’infiammazione bersagliando le citochine ed è un primo approccio di successo. Poi impieghiamo anticorpi monoclonali di precisione, molecole che bloccano più citochine contemporaneamente, e abbiamo in sperimentazione diversi farmaci che bloccano l’uscita dei globuli bianchi dai linfonodi. Sono, in generale, tutte terapie che modulano l’attività del sistema immunitario e vanno continuate per la vita».

Già, perché dalle autoimmuni non si guarisce mai: ma si può cercare di tenerle sotto controllo. E dal momento che derivano proprio da un abnorme funzionamento del sistema immunitario - provare in qualche modo a «rinforzarlo» (ammesso che sia possibile farlo dall’esterno) è il contrario di una buona idea: «La maggior parte di noi non ha bisogno di rinforzare in alcun modo le proprie difese» conclude Danese. «Inoltre, occorre sempre prendere con le pinze ogni messaggio pubblicitario. Se spesso è vero che, negli studi in vitro un prodotto X può svolgere una determinata funzione cellulare, altra cosa è dimostrarlo su soggetti vivi: aspetto fondamentale per capire se veramente c’è efficacia clinica, e tutto va valutato con studi scientifici rigorosi. Quello che possiamo fare, per cercare di prevenire problemi, è invece combattere l’obesità che fa peggiorare tutte le patologie mediate dal sistema immunitario. In alcune ne aumenta anche il rischio». Non abbiamo bisogno di un sistema immunitario «potente», anche se l’aggettivo ci sembra accattivante, bensì equilibrato. Capace di imbracciare le armi solo quando c’è una guerra in vista, e non per eccesso di difesa sparando a casaccio, senza poi fermarsi.





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