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Апрель
2024

Il gran rifiuto dei «Preraffaelliti»

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Da Dante Gabriel Rossetti a Edward Burne-Jones, William Morris e Frederic Leighton. La «confraternita» dei pittori britannici , nell’Inghilterra vittoriana, disse di no alla sempre più forte realtà industriale, rifugiandosi in un medioevo idealizzato. Tra le loro ispirazioni, l’arte italiana, da Cimabue a Botticelli. Una mostra ne fa riscoprire le opere e la loro bellezza «antistorica».

Vari spettri si aggiravano per l’Europa, in quel 1848. Ovunque le furie rivoluzionarie incendiavano le folle, ovunque scoppiavano tumulti e si iniziava a sognare un mondo nuovo, costruito in opposizione al sistema di potere dominante. Qualcuno immaginava una nuova era di prosperità per le masse. Altri, invece, pensavano che la salvezza fosse da cercare in un altro tempo lontano. Il 10 aprile del 1848, come ricorda lo studioso Peter Trippi, William Holman Hunt e John Everett Millais, due giovani studenti delle Royal Academy Schools, scesero in strada a Londra assieme a tanti figli della working class per partecipare a una grande manifestazione del movimento cartista. Pochi mesi dopo, passata l’estate, entrambi si ritrovarono a casa di Millais - certo non un figlio del proletariato urbano - per dare vita alla Confraternita dei Preraffaelliti.

A parte Millais e Hunt, quel giorno di settembre, a dominare la scena era un altro brillante allievo dalla Royal Academy, un talentuoso ventenne di nome Dante Gabriel Rossetti. Della partita faceva parte pure Ford Madox Brown, che apparteneva a una generazione precedente (e fu sempre laterale nel gruppo) ed era divenuto il maestro di Rossetti. Si unirono poi William Trost Richards, il geniale William Morris e lo straordinario Edward Burne-Jones. «Di età compresa tra i 19 e i 23 anni» spiega Peter Trippi, «i sette fondatori non erano soltanto dei ragazzi irrequieti che volevano scandalizzare chi era maggiore di loro; come scrive Elizabeth Prettejohn, “la rivolta dei giovani Preraffaelliti contro l’establishment artistico vittoriano è un caso unico nella storia dell’arte moderna perché fu un attacco dall’alto”». I ragazzi erano, in fondo, intellettuali, membri dell’élite. Quella che portavano avanti era una rivoluzione dello spirito, i cui splendidi frutti si possono ammirare a Forlì nella mostra I preraffaelliti. Rinascimento moderno, che raccoglie le più note e splendide opere degli artisti britannici, che diedero il nome al proprio gruppo a partire da un’intuizione di William Holman Hunt.

«Gabriel propose la denominazione “paleocristiani”, termine che aveva imparato dal suo insegnante Ford Madox Brown. Hunt suggerì invece preraffaelliti; in seguito ricordò che egli e Millais ammiravano i cartoni di Raffaello per gli arazzi della Cappella Sistina e la Santa Caterina d’Alessandria, mentre ritenevano che la pala della Trasfigurazione (ultimata da aiuti e nota ai due giovani inglesi attraverso un’incisione), con “il suo grandioso sprezzo per la semplicità della verità, gli atteggiamenti pomposi degli Apostoli e la posa poco spirituale del Redentore”, segnasse una “tappa decisiva nella decadenza dell’arte italiana”. Quando i due espressero queste considerazioni ad alcuni compagni di studio all’Accademia, quelli replicarono: “Ma allora siete preraffaelliti”. Millais e Hunt “convennero, ridendo, che quella denominazione andava accettata”, e così, alla fine, fu unita a Confraternita».

In queste parole c’è gran parte del messaggio preraffaellita. Come spiega Laura Falqui (autrice de La Gemma. Estetismo ed esoterismo nei preraffaelliti, edito dal Cerchio e Il tocco dell’invisibile. La grafite di Edward Burne-Jones, pubblicato da Succedeoggi Libri) «già i cosiddetti nazareni, nella prima mass art dell’Ottocento, avevano fondato un gruppo che si chiamava confraternita di San Luca. Erano pittori tedeschi venuti in Italia per farsi cattolici, perché sentivano che nella cultura tedesca non esisteva l’afflato amoroso ed evangelico che a loro interessava moltissimo». Continua la studiosa: «I Preraffaelliti sono la seconda confraternita pittorica della storia dell’Ottocento europeo e sono degli innovatori. Che però guardano all’indietro, al passato, soprattutto al Medioevo. Medioevo considerato come un’età dell’oro. Del resto essi si muovono in un’epoca di dilagante industrializzazione in Gran Bretagna: Londra era una città grigia e nerastra di fuliggine e di esalazioni delle grandi industrie. I Preraffaelliti guardano al Medioevo come a un’epoca in cui l’industrializzazione non esisteva e il pittore lavorava legato a un senso spirituale della pittura. Riprendono l’ora et labora dei monaci medievali, ma sono pur sempre dei giovani pittori, quindi non dobbiamo pensare a persone con una rigorosa concezione religiosa. Anzi sono in fondo degli inventori di miti, mescolano un po’ tutto, da Shakespeare al Vangelo, alle concezioni arturiane. Il mito del Graal viene ripreso da Dante Gabriel Rossetti, quello che più spiccatamente ha un tono simbolista ed è legato allo spirito del segreto».

Il cristianesimo di Rossetti e dei suoi sodali, in effetti, è più estetico che realmente spirituale. Il loro Medioevo è idealizzato e utopico. Tra le influenze dei giovani artisti ci fu» lo ricorda Tim Barringer nel catalogo della mostra forlivese, «l’architetto cattolico Augustus Welby Northmore Pugin. Egli propugnava un ritorno all’ideale del Medioevo, e non solo alla sua architettura, ma anche alle sue forme culturali e sociali, radicate nella religione. Nel 1836 Pugin pubblicò Contrasts: Or, A Parallel between the Noble Edifices of the Middle Ages, and Corresponding Buildings of the Present Day, un atto d’accusa contro la vita urbana della sua epoca. Il frontespizio realizzato per la nuova edizione del 1841 preannuncia una critica a tutto campo della modernità industriale, dell’urbanesimo, del secolarismo e, in ultima analisi, dello stesso capitalismo, tutti messi a confronto con l’unità organica e la bellezza estetica della città medievale. In due vedute panoramiche, Pugin accosta un centro urbano del 1840 allo stesso nel 1440: una distopia secolare moderna e un’utopia cattolica medievale. L’autore raffigura cosi il declino della spiritualità e della cultura, chiaramente rispecchiato nell’architettura e nell’ambiente costruito».

Il medioevo arturiano e cavalleresco è un luogo fatato di magia e purezza, di legame sano con il creato, che si pone in antitesi rispetto al moderno culto del progresso tecnico. È un luogo di bellezza per tutti, in cui anche ai lavoratori è concessa la bellezza: un paradiso per le anime semplici, che siano o meno proletarie. Soprattutto quello di William Morris, architetto straordinario che fondò un’autentica bottega sul modello degli artisti antichi. Se Rossetti fu anche poeta, Morris fu scrittore e diede alle stampe Notizie da nessun luogo, romanzo in cui edificava la sua utopia rurale. Egli proponeva in effetti un ritorno al passato mitico e medievale, con una notevole differenza rispetto ad altri autori praticanti del genere: l’utopia di Morris non ha pretese normative, non vuole imporsi. È una sorta di sogno a occhi aperti che l’uomo forse sa essere irrealizzabile, ma non per questo non merita d’essere illustrato. Socialista, collaboratore di Marx, Morris non sembra condividerne del tutto il materialismo né la fede nel luminoso avvenire.

Più tormentato e leggermente oscuro è invece il rapporto di Rossetti con il passato. Su Dante Gabriel pesa l’influenza del padre, studioso dell’Alighieri e dei Fedeli d’Amore, confraternita medievale dedita a un cristianesimo esoterico che metteva al centro la sapienza divina e le sue incarnazioni femminile. Le quali, non a caso, rientrano con prepotenza nell’immaginario preraffaellita: i giovani britannici dipingono donne meravigliose, di una bellezza antica e pura. Venerano, tramite esse, l’anima e il Femminile. E non è un caso che la celebrazione della Natura - presentata come una sorta di divinità a sé stante - sia un altro dei temi caratteristici della confraternita. «È Il culto di una natura così come la concepiva John Ruskin, grande storico dell’arte, anzi forse il primo storico dell’arte in senso stretto, moderno» osserva Laura Falqui. «Ruskin dice più o meno che l’artista, di fronte alla scena da rappresentare, diventa bambino e vede i colori della natura come sono in realtà, senza infingimenti, senza costruzioni preconcette e null’altro. È un bambino ed avverte subito, nell’erba illuminata dal sole, il rapporto preciso tra i colori, l’essenza dell’ombra e della luce». Questa attenzione per la natura richiama molte suggestioni tipiche dell’esoterismo e dei movimenti utopistici di ogni epoca. «Non per nulla» continua Falqui, «si parla di eterno femminino preraffaellita, cioè di una femminilità che trascende completamente il tempo. E in effetti quello dei Preraffaelliti è un tempo sospeso e le figure femminili sono dotate di una bellezza molto particolare, non è una vera bellezza classica. Anzi, è estremamente singolare, non nasce dalla forma esteriore, ma è inafferrabile, strana, proprio perché sorge dall’anima».

Le donne preraffaellite sono sensuali, sprigionano erotismo. Ma sono anche spirituali: le loro vette dell’anima si raggiungono anche attraverso la passione. Spirito e carne si fondono. Proprio come si mescolano arte e vita. Tra le modelle preferite dai preraffaelliti ci fu Jane Burden. Splendida e indipendente, sposò William Morris, ma fu legatissima a Rossetti col quale ebbe anche una intensa relazione non soltanto intellettuale. Dante Gabriel sfruttò i tratti di Jane per la sua Proserpina e per altre meraviglie; mentre per la Regina Cordium, prese il volto di Elizabeth Siddal, altra musa riluttante che poi divenne sua moglie. Poetessa e attivista, la Siddal si tolse la vita con il laudano dopo che il figlio avuto da Rossetti nacque morto.

La bellezza preraffaellita ha dunque anche un lato oscuro, nella realtà e nell’immaginazione. La rivoluzione spirituale dei giovani idealisti, tra lo splendore del corpo e la luminosità della natura, si infranse infine sullo scoglio della realtà. Da sovversivi, gli artisti divennero integrati e riconosciuti. Presero strade diverse, sciolsero la confraternita. Ebbero alterne fortune, e non cambiarono il mondo. Ma, dopo tutto, il loro angolo di paradiso lo hanno effettivamente creato: ed è a disposizione di tutti nei musei, nelle gallerie e nei cataloghi d’arte. Un luogo meraviglioso in cui riposare l’anima. n

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