L’ottimismo è il sale della moda, alla Fashion Week di Milano
Forse, alla fine del quarto dei (sostanzialmente, e non ce ne vogliano male gli altri, quelli che hanno sfilato prima o che sfileranno dopo) cinque giorni della Milano Fashion Week, un primo bilancio possiamo pure azzardaci a farlo. Se non proprio compiere un’analisi dettagliata e fare una sintesi estrema di quanto abbiamo visto sulle tante passerelle, almeno mettere nero su bianco quello che ci sembra essere un sentire condiviso, una macro tendenza che provi a leggere al di là delle lunghezze delle gonne e degli accessori must, una stessa carica di energia che ha aleggiato di collezione in collezione, un’emozione palpabile nell’aria meneghina di queste giornate frenetiche e fortunatamente affollate.
Quel che ci è parso di intercettare dalla cartina da tornasole di questa Settimana della Moda – e che ci pare un bellissimo segnale se è vero, come è vero, che la moda, con singolare preveggenza, sa captare quel che con più evidenza si manifesta poco dopo nella società – è una sorta di nuovo ottimismo. Una voglia, quasi un bisogno, di gioia, un’esigenza di stare bene, in modo semplice, immediato, istintivo, senza complicazioni. Disinvolto e spensierato. Di godere di quello che si ha, di una giornata di sole, di mare. Di sorrisi. Di riempirsi di colori energetici, o di farsi abbracciare dalle tonalità pacate della natura, di infilarsi un vestito sopra il costume magari ancora bagnato e di farsi baciare dai raggi del tramonto. Di correre incontro alla vita, all’amore, che ti travolge Comme un ouragan, per citare la hit di Stephanie di Monaco del 1986, roba da cultori del genere che Lorenzo Serafini utilizza, con acume, come colonna sonora della sua sfilata per Philosophy.
È una sensazione, la percezione di un’attitudine, di una (buona) predisposizione che sotterranea ci sembra scorrere come una fonte di acqua fresca. Un’attitudine che, almeno ci pare, ogni griffe interpreta coi propri canoni estetici e stilistici. Ognuno a modo proprio.
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Sfilate di Milano: Jennifer Lopez, è ancora Jungle dress sulla passerella di VersaceGiorgio Armani, per esempio, si esibisce nel disegnare ad acquerello una donna leggera, impalpabile, lieve, che dalla concretezza della terra si libra in un gioco di rarefazione, che punta all’etereo, attraverso impercettibili sovrapposizioni di celesti, rosa e grigi luminosi e di tessuti fluidi, immateriali.
LE SCARPE PIÙ BELLE DELLA FASHION WEEK DI MILANO:
Anche da Salvatore Ferragamo, la molla che ha fatto scattare la collezione portata in passerella dal direttore creativo Paul Andrew è quella della volontà di serenità. Racconta Andrew: «Tutto è iniziato da una foto sul caminetto di casa di mia madre che ritrae mio fratello e me da piccoli durante una vacanza in Italia, negli anni Ottanta. Indossavamo un paio di bermuda con stampe improbabili. Vorrei trasmettere quello stesso senso di allegria, solarità e innocenza, in un contesto moderno, con una collezione leggera e borghese, che però abbia anche sostanza, profondità tangibile e sia curata nelle costruzioni». In equilibrio perfetto tra casual e chic, ecco calzini (anche di pelle) con le ballerine, gonne a palloncino e pantaloni alla caviglia.
Colori neutri, sfumati, della terra, delicati e indefinibili, da Gabriele Colangelo, così come da Agnona, dove dominano linee fluide e vestibilità facili e confortevoli.
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Ben altra sfrontatezza, ma medesimo esprit positivo, da MSGM, Philosophy di Lorenzo Serafini e GCDS.
Il primo, brand-creatura di Massimo Giorgetti, autocelebra i propri primi 10 anni di vita e successi, facendo sfilare nei giardini della Triennale una collezione summa e quintessenza allo stesso momento della sua storia: tutti i capisaldi all’origine della fortuna del marchio ci sono, ma come edulcorati, semplificati, resi più immediati e chiari. In passerella abiti gioiosi, colorati, fioriti di stampe già cult, pieni di grandi o piccoli fiocchi. Tutto è nitido, hacuna matata.
Lorenzo Serafini per la sua Philosophy si rifà si ispira dichiaratamente al jet set della golden age di Monte Carlo, a cavallo degli anni 80, quando impazzavano Carolina e Stephanie in tutto il loro glamour. Fiocchi (anche qui, sì), balze, cristalli, ruches, chiffon, righe alla Bretone e tanto denim: dal Casinò allo yacht, avanti e indietro. capaci di racchiudere lo spirito di Monaco.
È con l’efficace neologismo K-Hawaii che Giuliano Calza, direttore creativo di GCDS, descrive la sua spudorata collezione: un po’ Kawaii (in giapponese: adorabile) e un po’ Hawaii, che non ha bisogno di traduzioni: una sensualità carina, insomma, ironica e che non si prende troppo sul serio, per il marchio oggetto del desiderio dei più giovani. In passerella, all’ombra di un gigantesco dinosauro rosa (uscito da Jurassic Park, girato proprio nelle isole americane), una pioggia di costumi da mare come vestiti e di vestiti come costumi da mare, conditi con gli Orsetti del Cuore, Hello Kitty e le procaci eroine dei manga,
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Prada, elogio della semplicità (e le altre sfilate della prima giornata della Fashion Week di Milano)A completare la panoramica giornaliera, Ermanno Scervino, che della sensualità non sbandierata e della sartorialità continua a fare le sue firme più riconoscibili, e Missoni, che declina il vento ottimista di questa stagione in una raffica di outfit sufficientemente hippie e briosi da farci chiudere gli occhi e immaginare di stare in riva al mare, con un cocktail di frutti tropicali in mano.
No, non è così, ma a Milano lo si può almeno sognare.
LE CELEB IN FRONT ROW ALLE SFILATE DI MILANO: