Medicina Gentile vs Selfie Dysmorphia, per arrivare ai 50 come Jennifer Lopez
Un nuovo approccio al «ritocchino», più delicato, conservativo. Paola Tarantino, medico estetico e dermatologo, è tra i promotori, in Italia, della cosiddetta «Medicina Estetica Gentile», la cui genesi ha origine nella capacità di riconoscere il disagio psicologico e lavorarlo fino a trasformarlo in accettazione di sé. «Per Medicina Gentile, noi intendiamo una medicina che non vada ad alterare la fisionomia di una persona», ha spiegato la dottoressa, insegnante all’Università Federico II di Napoli e alla Sapienza di Roma. «L’invecchiamento è qualcosa che, psicologicamente, bisogna saper accettare. Quel che si può fare è cercare di prevenire e migliorare i segni del tempo, senza però alterare le caratteristiche individuali di un viso. Perciò», ha continuato, «È tanto importante fare una prima visita. Io, in clinica, ho il supporto di una psicologa che mi aiuti a capire se il mio paziente sia in equilibrio o meno. Purtroppo, i media hanno alterato la percezione estetica di larghe fasce della popolazione: non esiste un modo certo per constatare il fotoritocco, e questo porta diversi soggetti a credere possa esistere la perfezione. La perfezione, invece, è sempre frutto di un ritocco. Una ragazza, per quanto bellissima, avrà sempre qualche piccolo “difetto”, se così vogliamo chiamarlo: il labbro superiore meno voluminoso di quello inferiore, il mento poco o troppo pronunciato, la pelle segnata da discromie. Quel che si vede online è finto. Ho clienti, blogger che sul web sembrano meravigliose, che in studio mostrano pelli imperfette», ha dichiarato la Tarantino, spiegando come la Medicina Gentila sia praticata nel rispetto dell’unicità altrui. Senza riserve di età o sesso.
I TRATTAMENTI PER I PIÙ GIOVANI
«Premetto che la cura della pelle, che è l’organo più esteso del nostro corpo, inizia con la cura dell’acne, negli anni dell’adolescenza. Tra i venti e i trent’anni, poi, si inizia a prevenire l’invecchiamento cutaneo. Dai trentacinque in avanti, o in caso di dimagrimento significativo, si possono toccare i volumi». Ciascuna età, dunque, ha il suo trattamento. «I peeling chimici, sostanze ad alte percentuali acide che vanno a stimolare il turnover cellulare, sono indicati nella prevenzione dell’invecchiamento. Aiutano a sbiancare la pelle, a darle compattezza. Possono essere eseguiti insieme alla biorivitalizzazione, iniezioni di acido ialuronico libero che hanno lo scopo di migliorare l’idratazione della pelle, restituendole elasticità e tono».
I trattamenti, entrambi non invasivi, dovrebbero essere eseguiti da un medico estetico, «figura altamente specializzata, diversa dal chirurgo plastico». «Un chirurgo plastico non necessariamente ha l’occhio raffinato di chi non debba trasformare la fisionomia del paziente. Perciò, l’ideale è rivolgersi sempre ad un medico estetico. Può maneggiare sostanze precluse ad un’estetista e ha studiato specificamente per occuparsi di pratiche estranee alla sala operatoria», ha spiegato la Tarantino.
COME COMBATTERE I PRIMI SEGNI DEL TEMPO
«Dopo i trentacinque anni, si può cominciare a lavorare sui volumi. Quel che più conta è mantenere intatta l’armonia di un volto: non cambiarne le proporzioni. Lo si può fare con i filler e con il botulino, il trattamento più richiesto dagli uomini. Il medico, però, deve avere coscienza nell’iniettare l’acido ialuronico. Non bisogna stravolgere i tratti di una persona, né congelarne l’espressività con un uso eccessivo della tossina botulinica. L’acido ialuronico troppo denso, se messo su un piano sbagliato, può creare danni difficili da riparare. Il filler, invece, dovrebbe riassorbirsi da solo, avendo una durata di sei o nove mesi». Vietato eccedere, dunque, e per chi voglia qualcosa di più, un effetto lifting, è possibile ricorrere ad altro. «I fili di trazione sono un trattamento non invasivo. Si tratta di fili in polidiossanone, la stessa sostanza utilizzata per i punti di sutura. È un materiale riassorbibile, capace di stimolare la produzione di collagene nel derma, restituendogli elasticità e tono».
ESISTE UN’ETÀ PER I FILLER?
«Kylie Jenner ha cominciato a sottoporsi prestissimo a filler e trattamenti estetici, e come lei, credo, Anna Tatangelo. Il risultato si è avuto nella perdita della freschezza che la loro età dovrebbe portare con sé. Sono donne giovani, ma sembrano ormai vissute. Io consiglio i filler dopo la maggiore età. Purtroppo, però, ho pazienti di quattordici anni che si presentano in studio con le madri. “O lo fa lei o andiamo da qualche altra parte”, mi dicono. Il web, la distorsione dell’immagine attraverso l’uso compulsivo di filtri e fotoritocco ha cambiato la psicologia non solo delle figlie, ma delle madri. Ha fatto danni transgenerazionali».
RICONOSCERE IL RITOCCO
«Partiamo da un assunto: nel mondo dello spettacolo, è impossibile non ritoccarsi, e chi nega è ridicolo. Per arrivare ai cinquant’anni come Jennifer Lopez è necessario aver fatto dei ritocchi, e averlo fatto bene. È impossibile altrimenti mantenere una pelle così come ha fatto JLo. La pelle, nel tempo, va incontro ad un invecchiamento naturale, fisiologico». Qualcosa che tocca tutti, senza distinzione di fortuna o professione. «Michelle Hunziker è un buon esempio di bellezza rimasta intatta negli anni. Ha migliorato certi suoi aspetti, senza mai stravolgersi. Come lei, ha fatto Gwyneth Paltrow, che probabilmente ha utilizzato dei filler a base di acido ialuronico per sostenere la pelle. Non ha, però, fatto ricorso alla chirurgia, né “congelato” il terzo superiore del viso: la fronte. Ha migliorato senza rendere visibile il ritocco, cosa fondamentale. Un’amica deve guardarci e trovarci bene, riposate, senza capire se e dove sia stato fatto il ritocchino», ha continuato la Tarantino, spiegando come Gabriel Garko, tra gli uomini, sia «un esempio perfetto di bellezza conservativa. C’è stato un tempo in cui sembrava lo avessero rifatto male, con un eccesso su zigomi e labbra. Oggi, però, è meraviglioso».
L’IMPORTANZA DEL FATTORE PSICOLOGICO
«La Medicina Gentile prevede un intervento mirato sul paziente, atto a capire se sappia accettare la sua individualità. L’invecchiamento è un processo fisiologico, ed è necessario prima di provare a valorizzarlo che la paziente sia fiera della propria fisionomia. Mi capita che arrivino pazienti in clinica con una foto di sé, modificata attraverso i filtri Instagram. Allora, il primo lavoro da fare è quello sull’autostima: siamo unici e dobbiamo accettarci, nel rispetto della nostra personalità».